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252 Matteo Bandello

Ch’una rivolta sol di quella luce,
     Ch’ogn’altra luce sgombra,
     Può far gioir qual sia più mesta mente:
     Che ’n que’ soavi lumi alberga e luce,
     60E dentro vi s’ingombra
     Un certo non so che, che l’alma sente,
     Ma fuor apertamente
     Dir non si può, nè dimostrar appieno,
     Che ’l lume bel sereno,
     65Dolce ed amaro, altiero, umile e piano
     Mai non s’agguaglia con parlar umano.
Nè tu per gir altrove,
     Canzon, ti partirai dalla sorella,
     Che troppo poverella,
     70E mal ornata se’ del lume santo,
     Ond’io la carta vergo al terzo canto.


V. 1 Tempo è, forse quello, per lui del ritorno alla Mencia.

V. 7. Il tempo vola e fugge, è il petrarchesco: «... ’l tempo vola | E sì come la vita | Fugge...», Canz., CXXVIII, vv. 97-99.

V. 20. Freddo smalto, è il dantesco «Venga Medusa, sì il farem di smalto», Inf., IX, 52.

V. 22. Bel verso vasto, alla petrarchesca; è ben mantenuto il parallelismo delle due idee contradditorie espresse dai quattro verbi; cfr. son. VIII, v. 2, e del Petrarca, son. CLIX, v. 12, e son. CLXIV, v. 11.

V. 26. Patteggio, fermo il patto coi miei occhi, mi propongo.

V. 43. Sotto occhio, di sottecchi, non potendo direttamente sopportare il fulgore di quello sguardo.

V. 53. Gir al ciel, il vostro sguardo mi presta le piume al volo per salire al cielo.

V. 56. Una rivolta, uno sguardo, un giro, cfr. Petrarca, Canzoniere, LXXII, 35.

V. 68. Sorella, la prima Canzone degli Occhi precedente a questa. Si osservi che queste stesse parole sorella, carta vergo sono nel congedo d’una canzone petrarchesca, la LXXII, donde evidentemente s’inspirò il Bandello: «Canzon | l’una Sorella è poco innanzi | E l’altra sento in quel medesmo albergo | Apparecchiarsi; ond’io più carta vergo».