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Il Canzoniere 305

     11Non è, ch’a par di vui, mi piaccia o giovi.
Che tanta altezza il ciel donar vi suole,
     Che tutte l’altre, a’ vostri motti novi,
     14Son come stelle, al gran splendor del sole!


V. 8. Ogn’altra fiamma, ogn’altra passione per altra donna, quella ad esempio per la Viola di cui egli disse al son. XLIII.

V. 10. Fra vaghe donne. Già disse: al son. LXXIX, vv. 9-11.

V. 14. Concetto più volte espresso nel Canzoniere; cfr. XXII, v. 4; LIX, v. 70.


XII.

Di sconforto per la crudeltà ognor più dura della Mencia. Il poeta vuol spezzare la cetra e finire la grama sua vita.


Rivolgi il dolce riso in aspro pianto,
     Alma, ch’oggi vedesti il cor morire,
     Nè sperar di poter giammai gioire,
     4Che doglia sol si scopre in ogni canto.
Ite, mie Muse, altrove; e l’ vostro canto
     Date a più lieti amanti, che al desire
     La speme agguaglian: nui vogliam finire
     8Piangendo nostra sorte in nero manto.
Chè Madonna, più dura assai che pietra,
     Non voi udir i crudi miei lamenti,
     11Anzi di giorno in giorno più s’impietra.
Lascio le rime, lascio i dolci accenti,
     E spezzo, di dolor, mia roca cetra:
     14Meglio è presto morir, che star in stenti!


V. 5. Ite mie Muse, andate o inspiratrici in altro luogo, a più lieti amanti. Analogamente il Petrarca: «Ite, rime dolenti, al duro sasso», Canz., CCCXXX, v. 1.

V. 9. Pietra. Si ripensi alle rime «petrose» di Dante.

20. — Classici Italiani. N.12