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334 Matteo Bandello

     Da queste piagge sole!
Con l’arme sole del pastor d’Esperia,
     Se non fea il tuo sangue il veder scemo,
     Potuto avresti, ingrato Polifemo,
     130Cavarlo fuor di questa vil miseria.
     O d’ogni nostro mal forma e materia,
     Quanto da quei che ti lassar le chiavi,
     Da sì alta quercia tralignar ti mostri! —
     Tu il vedi, alma Gonzaga, in Montefeltro.
     135Dimanda or dov’è il pan di che norristi
     Questo arrabbiato veltro,
     Questa fiera nemèa, questi due mostri:
     Sol perchè non fuggisti
     Indietro, irato sole,
     140Da’ scellerati e tristi
     Auspici? Ahi mondo, che sanar pensavi
     Con medico sì vile i dolor nostri!
     Orbo mondo, se falli, il Cielo il vuole;
     Ch’egli è oscurato il sole.
     145Oscura è Cinzia; alza Atteon in alto
     Le corna; e va trescando la stuprata
     Figliuola di Sion là ’ve l’armata
     Con così chiaro ed onorato salto
     Plebe salì sovra l’altre arme tanto.
     150Apri la maestà del sacro volto,
     Tevere, fuor de’ muscosi antri, ed odi
     Gridando andar tra le sue rive il Reno:
     — Diva Ippolita mia, che non sei meco?
     Tu dal mio bel sereno
     155Sei lunge, e tu, Sardanapalo, il godi. —
     Piangon le rive seco;
     E tu tel vedi, o sole;
     E tu il sostieni, o cieco,
     Vôto d’ogni valor, mondo: sì involto
     160T’ha questa Babilonia in sì bei nodi!
     Orbo mondo, se falli, il Cielo il vuole;
     Ch’egli è oscurato il Sole.


V. 1. «Stampata in Appendice dal Barotti, esclusa dal Molini, nell’edizione del 1824, accolta tra i Versi alla patria, di Lirici italiani dal secolo XIV al XVIII ma solamente come attribuita a Ludovico Ariosto».