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58 Matteo Bandello

il v. 14, il son. CCCLXV che comincia: «I’ vo piangendo i miei passati tempi».

V. 5. Specchio: prenda esempio da me.

V. 8. Error, traviamento; s’ammenda, mal si riesce, quando è troppo tardi, a farne onorevole ammenda.

V. 11. Lodati inchiostri, già nelle Novelle, cfr. I-1, dedica. Inoltre cfr. Dante, «Faranno cari ancora i loro inchiostri», Purg., XXVI, V. 116; Ariosto, Or. Fur., I, str. 3, «opera d’inchiostro», sempre nel senso di: in opere letterarie e di studio, che procaccino maggior lode.

V. 12. Lunga stagion per lungo spazio d’anni, dalla giovinezza alla vecchiaia.

V. 13. In ogni etade, in ogni periodo della sopra detta stagion.

V. 14. Bel verso questo, che conchiude bene il sonetto di sapore e di stampo schiettamente petrarchesco; cfr. «Che quant’io miro par sogni, ombre e fumi». (Canz., CLVI, v. 4). — Sogni e fumi, sogni, fantasticherie, illusioni.


III.

Suo repentino innamoramento di donna che, più oltre, designa col finto nome di Mencia — nome che suonò forse al suo orecchio gradito anche per il richiamo alla Nencia da Barberino esaltata da Lorenzo il Magnifico — dal Mincio presso il quale ella visse. — La passione gli divampò in cuore «al primo sguardo». — L’assalto degli occhi di lei fu insostenibile. — L’elogio degli «occhi» della Mencia è uno dei motivi fondamentali di questo Canzoniere, come si vedrà in seguito. — Chi sia costei non è dato penetrare. Il Bandello che aveva già vagheggiato una «Viola» (1505-1506), ed amerà poi «santamente» Lucrezia Gonzaga, sua discepola dal 1537 al 1541, adora e canta nei modi petrarcheschi questa gentildonna mantovana dal 1515 al 1527, anno della di lei morte.

Di madre bella, ma più bella figlia,
     Anzi d’ogn’altra assai più bella, e vaga,
     In cui del mondo tutto ’l bel s’appaga,
     4E d’ogni grazia è grazia a meraviglia;
Chi i bei vostr’occhi ardenti, e quelle ciglia
     Mira, ch’han forza più ch’umana, e maga,