Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/9

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8 Introduzione

velle1, lo richiedono di rime e si compiacciono di esse, l’esagerazione è palese. Il richiamo dell’Alberti al Petrarca, trova consenzienti anche noi, tardi lettori, con questo divario però: che il Bandello ci appare pedissequo imitatore del cantor di Laura. E non sapremmo concedergli, oltre a quello di scrittore di prose da novella, il vanto di autore di versi d’amore, quando non si attribuisse all’epiteto solenne di poeta il senso più umile di verseggiatore petrarcheggiante. La sua è voce monocorde, e mal si distingue nel coro degli innumerevoli che nel Cinquecento poetavano in volgare.

L’aspirazione del Bandello al lauro poetico è del resto naturale, sia che egli provasse un intimo bisogno di poesia, sia che il suo amor proprio d’autore lo spronasse a prender parte alla gran gara lirica, perennemente bandita, in onore delle gentildonne d’alto lignaggio o di squisita cultura, fra le quali uomini d’armi e di lettere solevano consumare i loro piacevoli ozi. Quante volte egli ci lascia intravvedere il suo desiderio, ora celato, ora timidamente espresso, di ottenere il nome che «più dura e più onora»! Quante volte ribadisce il proposito, ripetendo una frase2 che

  1. Per brevità le citazioni delle opere, indicate tutte specificatamente nella Bibliografia, che segue a questa Introduzione, sono qui affatto sommarie. Delle Novelle, poi, si indica senz’altro, fra parentesi, il rinvio, designando la parte, delle quattro di cui si compone il Novelliere, con numero romano, e la novella con cifra araba, e tenendosi a testo l’edizione laterziana curata dal Brognoligo.
  2. Nei Canti XI, e. I, str. 177: «Ove a me vissi e a le Muse ancora». E in Novelle: «... Seco [con Cesare Fregoso] fermato mi sono, essendomi da la sua indicibile cortesia dato il modo che a me stesso e a le Muse vivo» (III-6); «... mi truovo un poco d’ozio mercè de la cortesia [di] Gostanza Rangona e Fre-