Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/28

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prefazione xxi

Perocchè questi, essendo stati tradotti con molta diligenza e con la lingua ed i modi di frate Barlolommeo, potranno servir di esempio e mostrar praticamente come si ha a procedere in questa esercitazione, e che da’ padri della favella si dee toglier solo quello ch’è fresco e sano, e tralasciar gli arcaismi ed il fradiciume, che non sono oggi da cacciar nelle nostre scritture. Inoltre si possono i maestri valere ancora di questo volgarizzamento per farlo voltare in latino a’ loro discepoli, e, correggendo la lor traduzione, ajutarsi del testo di Sallustio, il quale certamente non li farà errare. Ma questo voltare in latino la versione di frate Bartolommeo, e l’originale in toscano, vorrei che si facesse fare quando i giovani sono già proceduti innanzi nell’una e nell’altra lingua, e dopo di averli bene esercitati in tradurre più Vite di Cornelio, molti luoghi de’ Comentarii di Cesare, una parte almeno del trattatello della Vecchiezza, alcuni capitoli degli Ufficii, e non poche Lettere di Cicerone. Altrimenti i giovani non pur non trarranno frutto da questa esercitazione, ma danno: che prima conviene che essi imparino da Cornelio a significar con chiarezza e proprietà di vocaboli i concetti; il particolareggiare e dare evidenza alle cose che si narrano o descrivono, da Cesare; da Cicerone le grazie e gli ornamenti dello stile; e dipoi possono utilmente addestrarsi alla brevità ed alla forza in tradurre Sallustio. E, se non si seguita puntualmente quest’ordine, del quale l’esperienza di molti anni mi ha fatto conoscere la giustezza e l’utilità, non si giugno ad acquistar l’arte di dare ai concetti della nostra mente la forma che propriamente essi richiedono, quel facile e natural legamento delle clausole in che è posto la forza e l’efficacia, e quel giro. Quella movenza, quella gravità, e quella disinvoltura e leggiadria, che a ciascuna generazion di scritture veramente conviene. Anzi non temerò di aggiugnere che l’esercitazione del tradurre, fatta al modo testè divisato, e lo studio degli scrittori regolato nella guisa che ho detto avanti, danno ai giovani una fermezza ed uguaglianza di stile che altrimenti acquistar non possono, neppure lungamente e molto affaticandosi. E, per rispetto al lavorar lo stile ai giovani, mi è mestieri di dire ancora due cose, le quali, credo, non sia da tralasciar d’inculcarle ai maestri non ancora bene esperti della loro arte. Dappoichè di molto giudizio e di finissima prudenza e lunga pratica ci è mestieri per