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in sudore coi capelli irti: poichè il rimorso di aver spaventato la ragazza e d’essere causa del suo male lo agitava, e i gridi di lei parevano l’eco del suo urlo diabolico.
E i gridi continuavano. In breve tutti di casa, anche zia Annia, furono nella camera della serva. Ella stava seduta sul suo lettuccio basso disfatto: piegata su sè stessa si tirava in giù le trecce lunghe come due corde nere.
Quando i padroni la circondarono cominciò a dondolarsi tutta esclamando:
— Che ho veduto io! Che ho veduto io! Che ho veduto io!
— Avrà sognato l’inferno, — disse Bellia deridendola; perchè aveva l’impressione ch’ella recitasse una commedia.
La ragazza cadde in ginocchio, sempre tirandosi in avanti le trecce che arrivavano fino a terra; e cominciò a piangere.
— Ho sognato che morivo, — raccontò poi, calmata dalle sue lagrime e dalle carezze che la padrona le faceva sulle spalle; — il Rettore in persona era venuto per