Pagina:Il Ducato di Trento nei secoli XI e XII.djvu/34

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dare altri che gli stessi Rivani del fitto delle case e dell’abitazione che aveva sul Dosso. Un gastaldo amministrava i beni episcopali, tanto di Riva quanto delle annesse pievi, dove si portava pure a rendere giustizia un messo principesco. Tutto ciò prova che i Rivani erano a quell’epoca già potenti, che si tenevano strettamente fedeli al vescovo per esimersi dalla soggezione a locali tirannelli e che, dati alla navigazione od al commercio, scambiavano i prodotti delle altre rive del Benaco e dell’Italia con quelli delle valli trentine e della Germania.

Il Comune di Arco, limitrofo a quello di Riva, godeva del pari nei tempi remoti della propria indipendenza ed era pervenuto a insolita condizione di prosperità e potenza, essendo in allora suo proprio allodio il castello. Il vescovo teneva una curia in Arco ancora nel 1124, governato da Sindici nel 1144. Ma a poco a poco il comune fu superchiato da potenti signori del luogo, che da esso ottennero in feudo il castello, dal vescovo la giurisdizione sul distretto ed altri cospicui beni e che all’epoca di cui ragioniamo erano già tra le più illustri famiglie che enumerasse il ducato.

Tra i municipi del territorio merita speciale ricordanza quello del borgo di Pergine, che constava dell’intero suo distretto esteso quanto ora lo è la parocchia.

E qui permetterete, onorevole Amico, che rammenti quel documento del 1166 che fu da Voi con tanto discernimento illustrato e che tanta luce diffonde sulla condizione nostra in quell'epoca, nella quale Gundibaldo del fu Adalpreto, regolo dei castelli di Pergine, Cuco, Caucone, Castelluccio, Vigalzano, e Bru..., di razza probabilmente tedesca, uno di quegli empi ghibellini, di cui l’Italia ride non rari esempi, tiranneggiava sì fattamente quel misero popolo, che esso, approfittando della temporaria sua assenza (era ito Baviera) con atto solenne si diede al comune di Vicenza, salvi i diritti dell’Impero e quelli della chiesa di Trento. Costui costringeva i Perginesi a guerreggiare contro il vescovo; imponeva loro ingiuste angherie, fra le altre quella della prima notte; non pagava le mercedi dovute, anzi costringeva la gente a lavorare senza retribuzione, battendo ed incarcerando i ritrosi; esigeva le decime dovute al vescovo di Feltre e faceva morire di fame chi non gliele prestava; finalmente gli obbligava a fare per suo conto gli aggressori di strada. Tali erano i lagni di quei miseri oppressi, per vero non lievi.

Il comune di Pergine e rappresentato nell’atto di dedizione da