Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 33 — |
nobili: casta aggranellata fra gli invasori di maggior rilievo, che seppero restare indipendenti e comandare agli altri, e fra gli antichi latini, che per ricchezze e clientele tali si conservarono di fronte ai loro oppressori.
Da un placito tenuto nella corte ducale di Trento nell'anno 945Fonte/commento: Pagina:Il Ducato di Trento nei secoli XI e XII.djvu/10 da Garibaldo, o Paolizione, messi del re Lodovico, impariamo che qui esistevano scabini e vassalli fra i quali si nominano Auperto e Pietro di Villa, Isbeo di Marco, Blando di Civezzano, Todo, Avardo di Pergine, e Corenziano dello stesso luogo, con altri vassi sì teutoni che longobardi.
Chi poi minutamente analizza i documenti del secolo dodicesimo, che le nostre condizioni d’allora riflettono, e dai quali unicamente ci è dato ritrarre qualche lume intorno allo stato del nostro paese (mancando per intero scrittori contemporanei che delle cose nostre si fossero occupati) impara che solo le famiglie dei conti di Piano, di Tiralli e di Flavon portavano il titolo di nobili, il quale, usato genericamente, comprendeva eziandio i ministeriali ed i patrizi del comune di Trento, ma che mai loro individualmente si attribuiva. Nei tempi posteriori, quasi sinonimo a quello di nobile fu l’appellativo di miles — milite — che si confondeva eziandio col carattere di cavaliere conceduto da principi secondo le leggi consuetudinarie della cavalleria, ma che qui, a quell'epoca, non usavasi ancora. Nel ducato di Trento dicevansi quindi nobili soltanto quei maggiori feudatari, i quali, quantunque avessero una relativa dipendenza dai vescovi per feudi e benefici di cui erano investiti, nullameno al solo Impero personalmente soggiacevano.
Coloro poi che si nominavano ministeriali della Chiesa o della Contea, e che possedevano averi e potenza feudale od allodiale, come altresì i patrizi dei più insigni comuni e lo persone rivestite di ufficio legale si dicevano — dominus — signore, ed al nome proprio personale aggiungevano quello della terra o del castello che signoreggiavano. Ai nomi battesimali dei patrizi frequentemente si univa qualche nome determinativo, che diede indi origine ai posteriori cognomi.
In questo secolo sussistevano ancora alcune rocche allodiali coi beni e diritti che vi appartenevano, resto di alcuni antichi latifondi deplorati da Paolo Diacono, che corti o terre si dicevano, e di dimore delle antiche famiglie longobarde qui stanziatesi, dove i novelli o gli anteriori proprietari per propria sicurezza e per offesa altrui come