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Settembre dell'anno 846, pubblicato con alcune annotazioni la prima volta nella sua interezza da Mons. Luigi Biraghi Dottore dell'Ambrosiana in calce alla mia Vita del B. Alberto Besozzi. Siccome poi questo documento può considerarsi tuttora come inedito non essendosene fatta menzione alcuna nelle collezioni di simil genere che si fecer dappoi, e d'altra parte spande molta luce su diversi luoghi del nostro Lago, ed è per la sua età eziando preziosissimo, così ho giudicato opportuno di inserirlo di nuovo tra gli altri documenti, che saranno insieme riuniti alla fine dell'Opera.

È questo un istrumento, col quale certo Eremberto, regio vassallo, dichiara di aver fondato nella pieve di Legiuno una chiesa in onore di S. Siro e di avere in essa collocato il corpo di S. Primo e le reliquie di S. Feliciano martiri, ch'egli ebbe in dono da papa Sergio II trovandosi in Roma, ed inoltre stabilisce un prete custode ed officiale di detta Chiesa plebana di S. Stefano, quando colà non si osservassero le sue disposizioni.

Questo documento porta la data dell'anno XXVII dell'impero di Lottario, e III dal regno di Lodovico suo figlio, correndo l'indizione X incominciata col primo di Settembre. L'originale scritto in doppio esemplare da conservarsi l'uno nell'archivio della Chiesa di S. Siro e l'altro in quello della Chiesa di S. Stefano di Legiuno, andò perduto, ma ne fu tratta copia sino ab antico, come avverte il sullodato Mons. Biraghi, probabilmente nel secolo XII, ovvero XIII, autenticata secondo le leggi e l'uso del tempo da cinque notai, che compariscono sottoscritti da ultimo. Ma anche questa copia autentica, per quanto sappiasi, andò smarrita. Al presente non ci resta che una semplice copia, trascritta al tempo della visita di S. Carlo Borromeo a Legiuno, e conservata nell'archivio arcivescovile di Milano nel volume che contiene carte antiche di Legiuno e della sua Pieve. Questa copia però fatta da scrivano inesperto è piena di scorrezioni: per buona sorte sono integri i due punti più rilevanti, quali sono le note cronologiche e i cenni storici. Si aggiunge che Carlo Bescapè, poi