Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/108

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175Un nemico malvagio, al qual sia tolto
Di mai veder giorni sereni in vita,
Voltò le belle mie parole e senso
Diè lor perverso, e fosca dipingendo
Al mio signor la mia persona, a un tratto
180Spense la face mia che ardea sì chiara!
Ma se giusto era il re fra gli altri giusti,
Pensando a ciò, ben detto avrìa che in questa
Lunga canzone io pur deposto avea
Mio tributo alla vita, e ch’io col verso
185Bella avea fatta questa terra illustre,
Qual de’ beati è in ciel la sede. Niuno
Pria del mio tempo seminò parole.
Le sparser molti, ed erano infiniti;
Senza misura le gittàr, ma, grande
190Ben che fosse lor schiera, in questa eletta
Guisa nessun le disse mai. Ch’io molto,
E fûr trent’anni, faticai languendo,
E viva suscitai dalla sua tomba
La Persia, usando il bel sermon di lei.
195     Oh! se avaro non era il re del mondo,
Sarebbe un trono il seggio mio! Ma l’alma
Di questo re non giunge a sapïenza;
Se no, posto ei m’avria su regal seggio.
Quand’ei nascea, non era di regnanti
200Alta stirpe la sua, nè di regnanti
Ei si ricorda. Che se il padre suo
Regnato avesse, una corona d’oro
Il figlio suo posta m’avrebbe in fronte;
Se regal donna stata fosse un tempo
205La madre sua, d’oro e d’argento i cumuli
Alti avrei visti a me dintorno. In quella
Gente grandezza mai non fu; non osa,
Perciò, non osa udir de’ grandi un tempo
Il nome illustre questo re, chè mano
210Di Mahmûd generoso, a cui sì eccelso