Come intese Dahàk, la sua secreta
Intenzïon non riconobbe e disse:
Questo desìo sì ti concedo; e forse 975Il nome tuo ne piglierà grandezza.
E lasciò che sull’omero il baciasse
Il tristo Devo, qual l’amico suo;
E quei baciollo, indi sparìa sotterra
Con immenso fragor. Sì orrenda cosa 980Quaggiù non vide mai nato mortale.
Usciro allor dagli omeri baciati
Due negre serpi. Sbigottì a tal vista
L’arabo prence e al nuovo mal riparo
Da ogni parte cercò. Dalle sue spalle, 985Dopo molto tentar, un dopo l’altro
Li recise ei col ferro. Oh! ben si dee
Meravigliar chi ascolta il tristo caso,
Chè, recisi, brandîrsi un’altra volta
Sovra le spalle sue, sì come rami 990D’alberi antichi, i due negri serpenti,
E gl’indovini entràr, di medic’arti
Esperti e dotti. Ei dissero sentenze,
Questo a quello parlò, tutti gl’incanti
Fûr posti in opra, ma riparo al nuovo 995Inaudito malor non si rinvenne.
Iblìs allor, qual medico sapiente,
Là su la soglia apparve. Al suo signore
S’accostò con gran cura e intento disse:
Ciò che accader dovea, s’avvera e compie 1000In questo dì. Ma tu desisti; mietere
Ciò che cresce, non dêi. Cibi t’appresta
E con que’ cibi sopimento induci
Negli orridi serpenti. Oh! questo solo
Fia riparo al tuo mal. Cervella umane 1005Tu appresta lor, non altro cibo, e forse
A morte li addurrà il fiero alimento,
E tu libero andrai. Ma poi che solo