Pagina:Il Libro dei Re, Vincenzo Bona, 1886, I.djvu/9

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reale, aggiudicato dalla R. Accademia dei Lincei. Lasciando dunque a quel mio lavoro di trattar le questioni storiche e letterarie che risguardano l’Epopea persiana, alla versione poetica del poema non ho creduto di premettere null’altro fuorchè la vita di Firdusi e il sunto di esso.

Questa versione mia, come ognuno potrà facilmente accorgersene, è fatta per tutti, non soltanto cioè per chi si dedica agli studi orientali, anzi meno assai per gli orientalisti che possono leggere nel testo il Libro dei Re, ma ancora, e anzi più, per tutti quelli che, non sapendo di lingue orientali, avranno caro tuttavia di conoscere i più cospicui monumenti delle letterature straniere. A tal fine, non ho ingombrato il libro di note, che, del resto, sarebbero superflue e inutili, poichè la narrazione procede limpida e chiara nè ha bisogno di spiegazioni. È libro di piacevole lettura e però si volle evitare tutto ciò che non essendo necessario, avrebbe potuto renderlo noioso e pesante. L’intento mio adunque si è quello di portare a conoscenza dei più questa poesia orientale, nuova per noi, maestosa, solenne, dolce e vibrata nello stesso tempo, che tanto si accosta al fare omerico, senza le stramberie delle liriche arabe e le esorbitanze dei poemi indiani. Quello che fu fatto per Ossian, per Goethe, per Schiller e per Heine, ho tentato di far io. Non oso dire di essere riuscito a tanto; posso dire tuttavia in coscienza di aver fatto ciò che ho potuto, e questo si vedrà della storia della versione stessa che farò più innanzi. Certamente ho udite voci discordi, perchè alcuni egregi, anche con vivo desiderio e intendimento di giovarmi, mi hanno sconsigliato