Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/11

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— È venuta da me, l’altra mattina, la povera vedova di Rocco — riprese don Aquilante, vedendo che il marchese stava zitto. — Sembrava la Madonna Addolorata: — Non avrò pace fino a che gli assassini di mio marito non saranno in galera! —

— Perchè dice: assassini? — domandò il marchese.

— Perchè lei crede che siano stati più di uno.

— Il colpo di fucile è stato uno solo.

— Che ne sappiamo? Uno quello che ha ucciso. E nessuno ha udito, nella notte, neppure quel colpo.

Don Aquilante socchiuse gli occhi, scosse la testa e fece una lunga pausa.

Di tratto in tratto, quasi spruzzati per forza, pochi goccioloni sbattevano sui vetri simili a chicchi di grandine; ma i tuoni rimbombavano con lunghi echeggiamenti, tra le grida di gioia della povera gente smaniante per la pioggia nelle scoscese viuzze attorno alla vasta casa dei Roccaverdina, isolata da ogni lato e quasi arrampicata a quell’angolo della collina di Ràbbato che aveva in cima le torri dell’antico castello rovesciate dal terremoto del 1693.

Dalla parte del viale che conduceva lassù, la casa dei Roccaverdina aveva l’entrata a pianterreno, mentre dal lato opposto la facciata di pietra intagliata si elevava con tre alteri piani su le povere casette di gesso dalle quali era circondata. Gli altri lati, a mezzogiorno e a tramontana, seguivano la ripida elevazione del terreno, e davano a chi guar-