Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/227

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XXI.


Ma non si decideva.

Sentiva qualche cosa dentro di sè, che sopravveniva sempre ad arrestarlo nei momenti in cui egli avrebbe voluto prendere finalmente una risoluzione; qualche cosa che somigliava a una superstiziosa paura, a una vaga apprensione di pericoli appiattati nell’ombra e pronti a slanciarsi sopra di lui appena si fosse deliberato ad attuare quel progetto iniziatore della nuova fase della sua vita.

E cavava fuori oggi un pretesto, domani un altro, con una specie di inconsapevolezza feconda che gli dava un senso di soddisfazione e di sollievo, quasi la scusa, il pretesto non fossero stati cercati, ma offertisi spontaneamente col naturale andamento delle cose.

Per questo il cugino Pergola, il dottor Meccio e gli altri erano riusciti a far breccia nell’animo di lui, a vincerne la repugnanza di prender parte alle