Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/248

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e andava a letto consolata da un luccicore di speranza. La qualcosa poi non impediva che quella gente in certi momenti non agisse, quasi Dio e la Madonna non esistessero punto.

E pensava che il mondo era un inesplicabile enimma. Perchè si nasceva? Perchè si moriva? Perchè tanta smania di affaticarsi, di arricchirsi, di affrettarsi a godere, e di soffrire con l’intento di arrivare un giorno a godere? Qualche istante la vita gli appariva come una folle fantasmagoria. E stupiva di quelle riflessioni così insolite per lui, di quella tristezza che gli pesava su l’anima, di quella sorda agitazione che gli serpeggiava per tutta la persona, presagio di sinistri avvenimenti.

Il rosario era finito; tutte le porte delle casupole si erano chiuse; pel vicolo rimasto buio non passava anima viva.

E sotto il cielo senza luna, chiazzato di nuvole cineree, risuonò improvvisamente la serale imprecazione della zia Mariangela.

— Cento mila diavoli alla casa dei Crisanti! Oh! Oh! — Cento mila diavoli alla casa dei Pignataro! Oh! Oh! — Cento mila diavoli al palazzo dei Roccaverdina! Oh! Oh!

Il marchese si ritrasse dal balcone. Quella volta la voce della povera pazza gli era riuscita insopportabile.

La mattina dopo egli andava dal cugino.