Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/357

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un ostacolo? Come avete potuto pronunziare questa parola? Ostacolo a che?... Oh, non voglio farvi l’offesa di credervi gelosa di un’ombra; sarebbe indegno di voi.... Mi giudicate male. Quella cesta?... La farò buttar via, con tutto quel che contiene.... Quella lettera?... Non la leggerò; la getterò nel fuoco senza aprirla. Dovreste leggerla voi, per disingannarvi.... Che cosa potrei nascondervi? La mia vita trascorre sotto i vostri occhi.... Non sono galante, lo so; sono anzi rozzo di maniere. Marchese contadino mi chiamava una volta lo zio don Tindaro; e me ne glorio, ve lo confesso. Avrei potuto vivere in ozio come tant’altri, meglio di tant’altri.... e faccio il contadino; dovreste esserne orgogliosa anche voi. Potrei avere sciocche ambizioni, come tant’altri, meglio di tant’altri.... Avete veduto; ho rifiutato di esser Sindaco, per continuare a fare il contadino. Il cugino Pergola mi tiene il broncio; il dottor Meccio sparla di me in Casino, nelle farmacie, dovunque; mi ha fin chiamato: — Fantoccio di cencio! Pulcinella! — Che me n’importa? Ma voi, voi, Zòsima, non dovreste giudicarmi come lo zio don Tindaro, come il cugino Pergola, come il dottor Meccio!... Sì, ho preoccupazioni.... di interessi.... Sono cose che non vi riguardano.... Si accomoderanno. Forse io do troppa importanza a certe difficoltà, a certi incidenti.... Me lo ripeteva, giorni addietro, don Aquilante.... Ma neppur lui mi capisce. Ormai la mia