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102 il mistero del poeta

imposto un canto di Dante, cento versi di Virgilio e cinquanta versi dell’Odissea al giorno. Faticavo immensamente, non trovando ristoro che nelle lettere a Violet, nel romanzo e in Omero. Benchè sapessi pochissimo di greco, Omero mi riposava come un bagno in una grande acqua pura e limpida. Andavo pure in società e facevo delle apparizioni in teatro. Lei ricorderà che non mancavo mai ai suoi mercoledì. Visitavo qualche volta, per le apparenze, la mia antica fiamma. Credo che avesse nel miscuglio del suo cuore e della sua coscienza un caritatevole odio per me; ma non me ne curai, benchè sentissi un’ostilità sorda in lei come nelle persone cui era più legata; e indovinassi che sparlavano dei miei libri e di me. Ho sdegnato sempre, e allora più che mai, occuparmi di cose simili. Forse avevano ragione, ma se Violet mi amava e mi mandava una palma, cosa era questa gente per me? Se mai ho pensato ad essi ed alle loro accuse fu con una specie di gratitudine, essendo salutare all’uomo, e sopratutto a noi poeti, razza vanitosa, di sapere che tutta la diretta lode umana di cui c’inebbriamo, è mista di menzogna, per-