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stesso, credo che quella gran commozione per la tua voce fosse puramente un’ebbrezza di fantasia. Sai quando mi figuro d’aver cominciato ad amarti veramente? Sul prato di S. Nazaro quando sei stata tanto cattiva, quando mi hai detto quella bella impertinenza del tutto volgare.

— Oh che tardi! — diss’ella giungendo le mani; e rise. Com’era piacevole e ricreante di ricordare le sue pungenti parole, il suo sussiego di quel giorno, e d’udirla adesso a ridere così, di dirle tu!

Prese a un tratto un’aria compunta, abbassò gli occhi e sospirò:

— Povera me, io ho cominciato molto prima.

— A Roma? — diss’io. — Dopo aver letto Luisa?

Violet si mise a ridere. — Troppo presto! — diss’ella. — Com’è presuntuoso il signore!

Poi mi confessò sul serio che quando a Belvedere le aveano annunciata la presenza dell’autore di Luisa, ella, che aveva attribuito il libro a una donna, n’era stata scossa nel cuore malgrado sè stessa.

— Ti vidi — continuò — prima che tu mi