Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/208

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te cognosciuto, discesene all’uscio; e Giovanni sopraggiunto, né vedendo con lui la moglie, tutto stordito e fuor di sé, dove fosse lo scolare suo cognato subito il domandoe; al quale egli in tal modo rispose: Volesse Iddio clie mi avessi morsa la lingua istamane quando il restarti qui te persuadetti, imperò che io ho persa la fede di questo cavaliere tuo tanto amico; e veramente di un uomo compito di ogni virtù che mi parea, io l’ho scoperto per un gran ribaldo. Ohimè, disse Joanni, e che ce pote essere? Il malanno che Dio gli doni, rispose, imperò che avendome con quella medesima arte che mandò te me anco mandato per queste pome arance, al mio ritorno l’ho trovato con tuo cognato in camera riserrati, e per le fessure de l’uscio ho visto aver con quello usato non altramente che se fosse una bella e vaga giovenetta. Sentito Joanni la pessima novella né vivo né morto rimase, ma tutto perplesso e fuori di sé di sopra montato, e visto il cavaliere a tavola assettato, e come non fosse fatto suo ragionando con lo scolare, d’ira e di dolore acceso, lacrymando e con dirotta voce così disse: Per mia fe’, messere, la vostra é stata una gran cortesia milanese, ma dopo che vi avete mangiata la carne senza aspettar più salsa, voi gusterete la salsa senza assaggiare mai più di tal vivanda. E gettato il scutellino sopra la tavola, presa la moglie per mano con grandissima furia, disse: Or su, in nome del diavolo andiamo a casa, che senza mangiare noi avemo pagato lo scotto, e io per peggio vi ho recata la salsa. E fieramente minazzatala alla dirotta con lei si partì. Il compare che non sapea la intrinseca doglia, seguendolo giù per le scale lo andava rimordendo de lo aver