Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/285

Da Wikisource.

— 223 —

mo disse: O appiccato, vuoi venire a Napoli? Il Cavoto che avea male e poco dormito, avendo sentito prima la pista, e credutosi il compagno, e poi udendosi invitare allo andare a Napoli, lo ebbe per certissimo, e subito rispose: Eccomi che vengo. Quando l'Amalfitano si senti rispondere tenne per fermo che fosse l’appiccato, per la cui cagione fu di tanta paura territo che portò pericolo di lì cascar morto; pure in sé tornando e vedendo colui verso di sé venire, non gli parve tempo d’aspettare, e buttato via il sacco cominciò fieramente a fuggire verso la Maddalena sempre con alte voci gridando Iesù. Il Cavoto udendo il gridare e lo sì rattamente correre, credea che da alcuno altro fosse stato assalito, e seguendolo appresso pure gridando dicea: Eccomi a te, aspettami, non dubitare: le quali parole davano al fuggente di maggior timore cagione. Il Cavoto pure seguendolo si trovò dinanzi il sacco da colui gittato, e quello preso, ed estimandolo di miglior roba pieno, e sapendo che il compagno non avea tal sacco, conobbe colui che fuggia non esser desso, e non curandosi più oltre, col fatto guadagno se ne ritornò dove la notte con non piccolo disagio era dimorato, e quivi sentatosi aspettava in sul fare del giorno o dal compagno o da altri essere a Napoli condotto. L’Amalfitano con spaventevoli gridi e solluzzi1 assai, gionse a le Taverne del Ponte, al quale fattisi incontro i gabelloti il domandarono de la cagione del suo gridare: ai quali lui affermava del certo avere visto un appiccato moversi da le forche e dargli la caccia insino all’orlo del fiume: il che da tutti fu facilmente creduto, e non meno di lui impauriti il

  1. nap. singhiozzi.