Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/37

Da Wikisource.

xxxi

modi e costruzioni latine non sa evitare, e si diletta ancora di quellle orazioni che allora tutti gli uomini colti, ed anche le donne e le fanciulle, facevano innanzi a Re Imperatori e Papi, e questi le ascoltavano volentieri, e oggi nessuno più le vuole ascoltare. Quando non pretende a rettorica egli è facile, scorrevole, malizioso, bizzarro, nuovo nei concetti e nella espressione. Quando dipinge i suoi Salernitani nella novella XX egli li ritrae vivi e parlanti: e se il contrasto è gagliardo, i caratteri dei suoi personaggi risaltano belli, come quello nobilissimo di Beltramo d’Aquino, quello accortissimo della Chiara monaca di Marsico, quello dello sciocco Stratico, e quei due giovanetti uccisi dai Lazzarini, che fanno una vera pietà.

Ma il buon Masuccio non sa la grammatica, la quale non era ancora fatta: gli eruditi non si curavano del volgare, e contendevano fieramente fra loro per qualche parola latina. Però Masuccio spesso vi lascia un gerundio così appeso; comincia una sentenza con un El che, che talvolta significa onde e talvolta non significa niente; usa per la cui cagione invece di per la quale cagione; intreccia stranamente una proposizione in un’altra; gli adopera, per a lei, a loro; si piace di certi modi di dire tutti suoi, che spesso ripete. Così fatte scorrezioni, che sì leggono anche nei migliori toscani, sono cosa esteriore, non offendono la verità, l’ordine, la bellezza dei concetti particolari e del pensiero generale, sono come un