Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/381

Da Wikisource.

— 319 —

sto fabro mio vicino, il quale né con bona né con rea risposta me l’ho possuto togliere dinanzi. 11 frate che facetissimo era subito gli occorse fare una nova piacevolezza, e rattissimo se ne venne giù a l’uscio, e con sommessa voce, come Viola fosse, disse: Chi se' tu? Lui rispose: Sono io, non mi conosci tu? aprimi, ti prego, che tutto mi bagno. Esso disse: Dolente me, che io non posso per questo uscio che aprendolo fa tanto rumore che ne seguiria scandalo. Lui non avendo dove fuggir l’acqua sollicitava che gli aprisse, che tutto si struggea per amore suo. Il frate che con gran piacere lo tenea in tempo per farlo ben bagnare gli disse: Anima mia, baciami un tratto per questa fessura che è ben larga, per sino a che vedere di piano aprire questa maledetta porta. Il fabro sel crese, e molto lieto a baciare s’acconciò: il frate che fra quello mezzo s’avea cavate le brache gli porse la bocca per la quale si rigetta il soverchio de la sentina: il fabro credendosi appicciare i dolci labbri di Viola, de continente cognobbe e per tatto e per odore ciò che di vero già era, ed estimò quello essere altro cacciatore il quale più sollecito di lui gli aveva tolto il piacere e dipoi in tale maniera il beffeggiasse. Di che subito propose tale ricevuto scorno non passare irremunerato: e facendo vista di mordere e leccare, gli disse: Viola mia, fra questo mezzo che tu vederai di aprirme io anderò per un mantello, che non posso più durare l’acqua. Il frate rispose: Va col nome di Dio e torna presto, ridendo con la giovene in maniera che non si posseano in piedi tenere. Il fabro entrato in bottega fé’ spacciatamente una verga di ferro a modo di spido1 e ben focante lasciò stare, e disse al

  1. spiedo