Pagina:Il Novellino di Masuccio Salernitano.djvu/388

Da Wikisource.

— 326 —

vessero mai, e tutte se terminano che gli doni e tempo e maniera de compita udienza. II che non meno l’imbasciatore che l’imbasciate me àveno1 l’intelletto travagliato che non ne posso reposo alcuno pigliare, e me fanno de la vita mia non poco dubitare: il dubbio si è ch’io sospetto che detto maestro sia stato da alcuno dei miei maggiori fratelli contaminato2 volendo forse di me e di mia fermezza fare ultima prova; e ciò estimo che una volta con loro e l’altra brigata di casa ragionando del valore e virtù d’alcuni gran maestri, e chi di loro proponea uno, e chi un altro, de che io aiutata dalla verità e pur dall’amore che naturalmente senz’altra cagione gli porto, in sul ragionare riscaldandomi dissi che Lui era non solo l’onore de la Corte, ma il lume e specchio de la nostra Italia: alle quali parole uno de’ miei fratelli rivolto m’impose che tacessi, e da allora in qua mai con bono volto me ha guardata. Per la cui cagione sopra tale pensare mi confondo in maniera che sonno e cibo ne ho in gran parte perduto. Da l’altro canto talvolta dico, potrebbe mai egli essere che costui dicesse il vero, e che il Signore amandomi per averlo alcuna volta più che il dovere guardato, se avesse mosso a scrivermi con tanta passione. Lo che quando così fosse, ancora che meno pericoloso sia, pur me doleria in sino al cuore, attento che io vorrei che lui usasse da bon cavaliere, e che el suo amore si trovasse col mio conforme, il quale ho in maniera moderato che non passa i termini dell’onestà; perocché non mi sono tanto fuori di me lassata trascor-

  1. invece di hanno, ed è forma più vicina al latino habent.
  2. contaminato per indettato.