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8 | capitolo primo |
Divina Volontà. Poco prima di morire, durante una notte intera, aveva sognato senza tregua le parole del servo fedele nella parabola dei talenti: «ecce superlucratus sum alia quinque» e l’ultima voce era stata: «non fiat voluntas mea sed tua.» Chi le aveva scritto non sapeva che, malgrado certi turbamenti del senso interno, malgrado certi assalti di desideri religiosi, Jeanne respingeva, tanto inesorabilmente quanto in passato, Iddio e l’immortalità umana come illusioni eterne, ch’ella andava di quando in quando a messa per non darsi l’aria spiacente di libera pensatrice e non per altro.
Ella non raccontò a Noemi quei particolari della morte di don Giuseppe, ma li ripensava con l’oscuro senso, mortalmente amaro, di una ben altra sorte che le sarebbe toccata s’ella pure avesse potuto credere così; perchè in fondo all’anima di Piero Maironi vi era sempre stata una religiosità atavica e oggi ella era convinta che confessandogli, la sera dell’eclissi, di non credere, aveva scritto la propria sventura nel libro del destino. E pensava un’altra taciuta parte angosciosa della lettera venuta dall’Italia. Si vedeva il suo soffrire benchè non lo dicesse. Noemi le posò, le fermò silenziosamente le labbra in fronte, vi sentì l’occulto dolore che accettava la sua pietà, si sciolse infine dal bacio lenta lenta, quasi temendo guastar qualche delicato filo tra le congiunte anime, mormorò: