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Pagina:Il Santo.djvu/269

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il santo 257


Verso la fine di aprile, credeva Noemi. Ella era allora fuori d’Italia. Era nel Belgio, a Bruges, con un’amica sua alla quale era stata scritta la notizia. Per quanto ne aveva udito dall’amica, quella persona, Noemi non ne ripetè il nome per un delicato riguardo, aveva fatto una morte santa. Le sue carte, ella era incaricata di riferire anche questo, erano state affidate al Vescovo della città. Benedetto fece un gesto di approvazione che poteva servire anche per chiusa del colloquio. Noemi non si mosse.

«Non ho ancora finito» diss’ella.

E soggiunse subito:

«Ho un’amica cattolica… io non sono cattolica, sono protestante… che ha perduta la fede in Dio. Le hanno consigliato di dedicarsi a opere di carità. Vive con un fratello contrarissimo a qualunque religione. Questa novità che sua sorella si occupi di beneficenza, che si metta in relazione con gente dedita alle opere buone per principio religioso, gli è spiacente. Adesso è ammalato, s’irrita, si esalta, inveisce contro le bigotte del Bene, non vuole che sua sorella si occupi di visitare poveri, nè di proteggere ragazze, nè di raccogliere bambini abbandonati. Dice che tutto questo è clericalismo, è utopia, che il mondo va come vuole andare, che si deve lasciarlo andare e che con questo mescolarsi alle classi inferiori non si fa che metter loro in testa delle idee false e pericolose. Ora è stato detto alla

FOGAZZARO. Il Santo. 17