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Pagina:Il Santo.djvu/318

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306 capitolo settimo

andato, assalirono il professore con domande. Non si poteva proprio sapere il posto delle nuove catacombe? Quante persone vi si radunavano? Anche donne? Quali erano i temi dei discorsi? Cosa dicevano i frati di Sant’Anselmo? E della vita passata di quest’uomo si era venuti a sapere nulla? Il professore si schermì quanto potè, riferì solamente le parole di un padre di Sant’Anselmo: «un Benedetto per ogni parrocchia di Roma e Roma diventa davvero la Città Santa.» Ma quando, partite tutte le altre signore, si trovò solo con l’Albacina e con la Silenziosa che aspettavano la loro carrozza, siccome all’Albacina era legato di amicizia, lasciò capire a questa che avrebbe parlato ma che la presenza di una signora sconosciuta lo imbarazzava, pregò l’Albacina di presentarlo. L’Albacina non ci aveva pensato. «Il professore Guarnacci» diss’ella. «La signora Dessalle, mia buona amica.»

La «catacomba» era proprio la sala stessa dove stavano in quel momento. Prima, le riunioni avevano luogo nell’alloggio dei Selva, in via Arenula. Quel posto non pareva molto adatto, per diverse ragioni. Guarnacci, fattosi discepolo egli pure, aveva offerto la casa propria. Le riunioni vi si tenevano due volte la settimana. Ci venivano i Selva, una sorella della signora, alcuni ecclesiastici, quella stessa signora veneta ch’era partita