Pagina:Il Santo.djvu/457

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nel turbine di dio 445



II.


Benedetto amava il professore Mayda. Quando, nella casa del senatore, udì ch’egli aveva risoluto di portarlo con sè a villa Mayda, ebbe un momento di gioia. Amava il professore, forse incapace ancora di fede ma profondamente convinto che vi hanno enigmi insolubili per la scienza, generoso, fiero ai potenti, mite agli umili. Amava pure il giardino, gli alberi, i fiori e l’erba ond’era stato, come del professore, il servo e l’amico. Tutto vi era pieno di care, innocenti anime, con le quali in certi momenti di rapimento spirituale aveva adorato Iddio posando le labbra sulle loro vesti picciolette, sopra un fiore, sopra una foglia, sopra uno stelo, dentro un alito di frescura verde. Gli piaceva l’idea di morire in mezzo ad esse. Talvolta, sotto un pino volgente al Celio l’ombrello pieno di vento e di suono, aveva pensato all’ultima scena della Visione, si era contemplato lì steso sull’erba nell’abito benedettino, pallido, sereno tra faccie compiangenti, cantando il pino sopra di lui un canto misterioso del cielo. Ogni volta si era soffocata nel cuore questa compiacenza non scevra di vanità egoistiche, umane, non tutta raccolta e