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IL BUON CUORE 29


rale, La salute della patria nella Religione, L’armonia fra la Religione e la Scienza; ma con quest’ultimo, Il Divino Artista, Ella, disposando alla cultura e al ragionamento un sentimento vivo e profondo della natura umana e dell’arte, à completata genialmente una apologia del Cristianesimo. È questo il primo merito del suo libro. Il secondo è quello di schiudere all’arte moderna, la quale colla Fede, à smarrita l’inspirazione del bello, la sorgente da cui è legge che sgorghino fuse insieme l’una e l’altra, come stanno a dimostrare i più grandi capolavori che onorano e abbelliscono la patria.

Il positivismo materialistico à creduto di spiegare l’universo colla sua scienza e di riprodurlo con miglior arte. Non è qui il caso di rilevare il fallimento dei suoi principii scientifici; qui occorre soltanto mostrare come nessun’opera ancora provi come utili i suoi principii estetici. Rigorosamente fedele ai metodi positivistici, la scuola artistica moderna à sviscerato coll’analisi sperimentale tutti i segreti della forma: le teorie naturalistiche anno fornito i modelli e le regole per produrre il lavoro fisicamente perfetto: la critica china sui capolavori antichi à esaminato, adunato, ricostituito gli elementi del passato, e col sussidio di scienze affini è riuscita a fissare di quali e quanti elementi storici, psicologici, sociali l’arte si compone; e ultimamente à creduto di definire ciò che non si è mai definito, ne, credo, si possa mai definire sul serio: la bellezza e il genio. Ma il lamento è ancora generale: tutto quello che s’è fatto e si continùa a fare è la rettorica che viene dopo l’arte, e noti sa produrre l’arte. Le Riviste portano ogni giorno la confessione dei moderni maestri di critica d’arte sulla deficienza degli artisti attuali: una fra le altre scriveva ultimamente che «oggi si fa dell’archeologia, della fisiologia, dell’ingegneria, ma non dell’arte». S’è perduto dunque il segreto di far sì che la bellezza viva: s’è smarrita la fonte dell’inspirazione. Credendo di scoprirla, l’arte nuova, col suo metodo prettamente materialistico, nelle audacie e crudezze del verismo, diè fondo alla natura, mettendone allo scoperto anche i lati più oscuri e tristi; ma fu peggio; fu una nausea generale; e l’arte di questi ultimi tempi, mormorando il suo vanitas vanitatum, retrocede a gran passi verso lo spiritualismo.

Anche la scienza moderna va verso una fede; ma più ansiosa vi corre l’arte: perchè questa, quando se ne persuada, sente che per essa più che per quella le idealità spirituali sono condizioni di vita e di gloria. Un ritorno verso lo spiritualismo è molto, non è tutto: resta a indicare la sorgente donde esso scaturisca più puro e copioso.

Ella indica, e a ragione, la Religione di Cristo. Lo stesso razionalismo oggigiorno esalta il Cristianesimo come la più bella dealità morale. Del resto, nessun’altra idea à fatto nella storia dell’arte prova più gloriosa. Ella poi non asserisce, dimostra. Dopo aver constatata la degenerazione artistica dei tempi nostri, rilevate le cause nella mancanza d’una fede spirituale, fatta la critica serena quanto esauriente delle teorie estetiche nuove e dei nuovi tentativi di far risorgere l’arte odierna, con argomenti intrinseci illustrati dai luminosi esempii
della nostra arte cristiana, può con diritto conchiudere che l’arte oggi fallisce alla sua meta, principalmente perchè à divorziato da Cristo, e che in Cristo deve ancora cercare, come nei giorni migliori, il segreto di vivere e trionfare. Così Ella, onorando il Cristianesimo, favorisce per suo mezzo molto efficacemente l’arte dei nostri giorni; è questo l’altro dei due meriti principali che fin da principio ò attribuito al suo libro.

Auguro che premio a questi meriti sia il compimento di quel desiderio che l’à mossa a scrivere: sia un premio duplice come il merito e allieti insieme l’anima di un’artista e di una cristiana.

L’arte moderna ritorni all’Artista Divino, che solo può cominciare la sua ristorazione di là dove bisogna ch’essa cominci: dallo spirito. E l’arte moderna in virtù della fede sposata al genio divenga quasi un altro Vangelo insegnato col verbo della Bellezza.

Geremia Bonomelli.

Vescovo di Cremona.

Beneficenza


Albero di Natale delle giovani operaie


Nel giorno dell’Epifania, nel salone dell’Istituto dei Ciechi, si fece la festa dell’albero di Natale a favorire delle operaie della Società di Previdenza, che ha per patrone le LL. MM. la regina Elena e la regina Madre, e per Presidente la principessa Maria Castelbarco Albani. Ai piedi dell’Albero era preparato un piccolo Presepio, e intorno al Presepio, come angeli scesi dal cielo, alcune bambine colle alucce bianche. La allieve cieche cantavano dall’alto della tribuna. La graziosa scena inspirò alla signora Carolina Perego Messaglia, le seguenti strofette, che togliamo dal Bene, del 15 gennaio 1910.

Seggon ridenti nella grande sala
che ospitar suole carità e dolore,
cento e cento, sotto la grand’ala
d’amor, festanti giovinette in fiore.


E nell’asilo, dove mai non ride
raggio di sole a tante ciglia orbate,
un alberello sfolgorante arride,
siccome a’ tempi delle bionde fate.


dell’albero a’ pia, sul Bimbo prona,
viva di sotto il vaporoso velo,
la Vergin ride, e insiem con Lei corona
fanno al giaciglio gli angeli del Cielo.


Angeli vivi, che ralucce bianche
l’alto incarto lasceran tra breve,
che domani in sulle dure panche
ritorneranno ad un lavoro greve.


E forse l’inno, che sonò pur ora,
ripeteranno al cadenzato strido
di macchine e telai, l’anima ancora
affratellate nel bel vincol fido.