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66 IL BUON CUORE


scienza, il voto che, se non è troppo, vorrei chiamare il voto del buon senso.

E tanto più mi sento spinto a parlare, per avere già altre volte discusso in proposito, con una serie di articoli su diversi giornali cittadini, che, se non esauditi, furono presi in qualche considerazione.

Il nostro giudizio valga o non valga, è apertamente contrario alla proposta di villini. O saranno pochi, o sasanno molti: se saranno pochi, il vantaggio del Comune per la vendita delle aree, non può essere che assai limitato, e, per un vantaggio limitato, davvero non val la pena di compromettere il principio fondamentale di conservare nel Parco la maggior massa possibile di verde. Se saranno molti, creeranno quella specie di barriera, giustamente temuta dal sig. Luigi Bertarelli. Sarebbe un vero attentato alla natura del Parco, non solo materiale ma eziandio morale.

Il Parco è fatto pel pubblico, e il pubblico deve sentire che è fatto per lui. Una delle soddisfazioni del pubblico, come pubblico, in una località preparata per lui, è quella di dire: quì, sono padrone io; quì, sono in casa mia. Una serie di villini che viene ad insinuarsi nella sua proprietà, diminuisce la sua proprietà; la diminuisce non solo nel senso materiale, ma più nel senso morale; porta via non soltanto parte del corpo, porta via l’anima. Quanto più grande sarà la compiacenza dei possessori dei villini, dominando col loro sguardo il luogo pubblico, tanto più il pubblico sentirà di avere altrettanto di rubato nella compiacenza propria. In linguaggio povero: in casa propria, il pubblico si sarà creata una soggezione.

Ma intanto, se non fate i villini, la teppa non è tolta....

Pur troppo non è tolta, ed è gran male che non sia tolta.

Ma non c’è altro modo di togliere la teppa senza costruire i villini, senza togliere le piante, senza portar via al Parco la parte che è più propriamente Parco?

Cosa strana! Io ho letto tutti gli articoli che si sono scritti nei passati giorni sul Parco, sul toglierne gli inconvenienti, sul crescerne i vantaggi, abbreviando le lontananze tra i quartieri esterni del Sempione e il centro della città. Guai che una volta sola trovassi accennato l’Arco della Pace!

E sì che l’Arco della Pace non deve essere molto lontano dal Parco!...

Castigo ben meritato dei milanesi. Hanno così trascurato l’Arco della Pace che non si accorgono neppure di averlo.

E quanto è bello, quanto gentile, quanto elegante l’Arco della Pace! È uno dei monumenti architettonici più belli dell’età moderna.

Se l’avessero le altre grandi città come saprebbero bene metterlo in mostra! Napoleone, che sapeva quel che si facesse, gli pose dinnanzi, come sola adatta cornice, una vasta piazza d’Armi....

Un monumento vale per se: ma vale anche per la considerazione in cui è tenuto dagli altri.

Impariamo dai francesi come si onorino i propri monumenti. Andate a Parigi a vedere qual bella prospettiva, per farlo ben figurare, abbiano dato al loro
Arco de l’Etoile, tanto meno bello dell’Arco della Pace! Gli han messo dinnanzi il grande e lungo viale dei campi Elisi, che parte della piazza della Concordia e delle Tuileries, e va sino all’Arco; un chilometro, circa.

Io non ho mai potuto capire come chi ha veduto a Parigi l’Arco de l’Etoile col suo grande viale dinnanzi, non senta l’imperioso bisogno di far lo stesso col nostro Arco della Pace. Nulla di meglio e di diverso può essere fatto.

Pochi anni sono il progetto del vialone in mezzo al Parco era stato studiato e deliberato dall’Ufficio tecnico municipale. Ma allora forse si era andati troppo innanzi. Invece di accontentarsi del solo vialone centrale, si era fatto un altro viale a crociera col primo, che andava dal Palazzo dell’Arena al ponte della via XX settembre. La spesa si era duplicata, e la spesa, L. 120.000, spaventò, e non si fece nulla.

Non potendo fare il tutto, accontentiamoci della metà, che è forse anche il meglio, non distruggendo coi due grandi viali a croce, il carattere che il Parco ha di giardino inglese. Basta il grande viale centrale per raggiungere i vantaggi principali più desiderati.

Questi vantaggi li abbiamo già esposti altre volte; torniamo ad enumerarli.

1. Il grande viale che dal Castello Sforzesco va diritto all’Arco della Pace, diventa il più bel punto di prospettiva dell’Arco stesso: lo si vede da lontano, e poi, andandogli incontro, lo si avvicina a poco, a poco; finchè vi si arriva sotto, e lo si può ammirare in tutti i suoi dettagli.

2. L’Arco della Pace è stato in modo turpe compromesso colla erezione delle case nella parte posteriore, in modo che il monumento osservato lateralmente presenta lo sconcio di vedere insieme confusi i camini delle case colla testa dei cavalli. L’Arco veduto di fronte, ha invece per sfondo il Corso Sempione, e le case laterali, o non offendono, o offendono ben poco.

3. Il vialone diritto dall’Arco della Pace alla facciata centrale del Castello, abbrevia notevolmente la distanza dei quartieri esterni col centro della città. I pedoni di giorno possono attraversare le corti del Castello, come a Parigi attraversano la corte del Louvre: le carozze girino pure eternamente sui due lati del Castello: anche lungo, per esse è sempre tragitto breve.

4. Questo vialone, largo quaranta metri, con due marciapiedi di dieci metri ciascuno, con una fila di lampade lungo la cornice dei due marciapiedi, come in via Dante, formerebbe due fila di lampade dal Castello all’Arco, che, vedute alla sera, col riflesso di luce sul verde circostante del Parco, colla mole bianca dell’Arco in fondo, produrebbero un effetto magico, incantevole.

5. Per costruire il vialone non è necessario abbattere alcuna pianta: la visuale tra il Castello e l’Arco della Pace è già pienamente libera; l’occhio corre senza impedimenti: bisognerebbe che quanto avviene dell’occhio potesse avvenir anche del piede, mutando in viale ciò che ora in parte è prato. Anzi che togliere piante, potrà forse tornare opportuno l’aumentarle, per portare un po’ d’ombra sui marciapiedi.