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IL BUON CUORE 53


nulla potrà nell’intimo
nostro, turbar la fiamma
buona dí fede e d’alacre
virtude che c’infiamma;
questa fede, questa forza buona,
sarà vostra corona


e gaudio vostro o provvidi
fratelli, o generosi
del nostro ben solleciti,
pel nostro mal pietosi!...
Studenti od operai, chiari od ignoti,
soldati o Sacerdoti;


tutti qual sia dell’opere
nostre la meta o il fato,
del vivo esempio memori
che ognun di voi ci ha dato
a Crsisto ed all’Italia assiduamente
darem l’opra e la mente.


Lieti qui intanto al simbolo
che i padri nostri accese
d’eroica fiamma, inchinasi
la gioventù Monzese;
la gioventù che acclama in viril coro,
fede, onestà, lavoro.

Maria Motta.

Maestra Cieca.


LA VITA


PICCOLE E GRANDI COSE


Al conte Lao per ricambio d’omaggio.

Di fuori a poco a poco s’affievolisce la luce e l’ultimo raggio di sole striscia ancor un istante sulle foglie ingiallite che guardano, dall’alto dei rami spogli, la terra al basso, con un desiderio d’abbandonarsi come tant’altre a una corsa folle nello spazio. E le rattiene quel po’ di vita che ancora rimane, ma che sfiorisce sempre più e s’annienta. Il sole le accarezza, le indora, le bacia con una tacita promessa di ritornare, per riscaldarle ancora un poco, prima che un nuovo soffio gelato non le trascini inesorabilmente lontano, lontano, in basso, ove s’immedesimeranno colla terra.

Anche l’autunno vuole un piccolo sacrificio di piccole vite; esso le fa sue, le scuote, le annienta e le ridona alla terra, di dove vengono. Anch’esso ha una voce insistente che chiama e soggioga e a lei rispondono le cose e si sottomettono. E la sua voce è come un tenue sussurro, un wisto di rimpianti, di abbandoni, un vago sentire di morte cose. Ma ad essa una notà più cupa, più sorda e più dolorosa s’insinua a quando a quando con un suono ripetuto e sembra dire: Ancor io finisco! ’e da vicino e da lontano rispondono ancor tante altre: E anch’io.... anch’io.... di tra le foglie morte i ricci dei castagni ridono e occhieggiano ricolmi di frutti!

Sono i tuoi doni, o autunno, e i grappoli vermigli che si cullano dai rami contorti e le prime nevi che ci salutano dalle vette vicine! Ma ancora, gli ultimi fiori,
pallide imagini di quei tanti che furono, ma più cari al nostro cuore perch’essi ancora posano sulle tombe dei nostri morti, reclinando sulle fredde pietre le loro corolle umide e molli del nostro pianto che, tacitamente dicono ad uno ad uno i nostri pensieri, perchè li sappiano i nostri cari che più non sono.

Di fuori la luce si spegne. Il fuoco acceso nel camino manda i suoi rossi bagliori attorno a me, intanto che la fiamma scoppietta e sibila, lanciando faville su per l’ampia cappa affumicata. Come si sta bene qui, in questa grande cucina di campagna, silenziosa e tiepida, così lontana da quel gran mondo cittadino che agita stanca! Come si sta bene, colle membra stese al tepore di questo fuoco puro, di questo gran fuoco che arde e consuma e illumina! E mentre tutto tace e assorte nel gran silenzio le cose nell’ombra adorano, penso ch’è bello vivere così un poco lontani da tutti, solitarii, in questo gran mondo che vive e palpita, questo gran mondo che freme e s’affanna; ma dove spesso noi stentiamo a ritrovar noi stessi, ove diciamo di vivere e pare non sempre riusciamo ad afferrare il senso preciso di questa grande parola che, sovente ci agita noi diciamo: vita.

Qualche volta appena ci siamo domandati che cosa essa vuole da noi, che cosa ci dà. E molto spesso, assecondando il nostro io egoistico, abbiamo guardato strettamente ai nostri desiderii, a quei diritti personali che ciascuno di noi s’è formato e ci fruttano un benessere voluto, in cui il cuore s’adagia. Non abbiamo guardato più in là di questi? Qualche volta sì, e allora abbiamo sentito che noi dovremmo molto più dare che pretendere. Ma questo dare, abbiamo visto che ci può costare degli sforzi e dei sacrifici e l’animo nostro, che sempre accarezzerà quest’alto ideale di bene, rifuggirà però al sacrificio volontario, ch’è una rinuncia alla pace al benessere consueto.

Si sta così bene tranquilli!... cullati da queste nostre abitudini! perchè dunque avventurarci per una via sconosciuta che ci domanda grandi cose?! Grandi cose, ecco il nostro spavento Ma se la vita, quella d’ogni giorno io intendo, è più spesso formata di piccole cose, piccoli sacrifici inavvertiti. Se noi afferrassimo bene il senso d’ogni cosa, il cammino non ci spaventerebbe e noi ci troveremmo sulla giusta via senza grandi fatiche, sicuri di quello che dobbiamo fare, colla visione netta di quello che ancora potremmo compiere, per vivere una vera vita, non agitata tra dubbi e timori.

Piccole cose! Ora è una parola buona che a noi si domanda; domani la rinuncia d’un piacere per procurarne uno più grande a qualcuno che soffre; più tardi il riparare un’offesa involontaria che cagionò ad altri dispiaceri e, tanti, tanti altri ancora a noi si domandano di questi piccoli sacrifici, che noi dobbiamo compiere serenamente, senza farli pesare su chi ce l’ha richiesti. E così senz’avvedercene, lentamente ascenderemo verso il bene, anche agendo nell’ombra, senza che queste nostre tenui rinunce, a cui tutta l’anima prende parte con uno slancio, suscitino una parola di plauso o di lode. Noi soli dobbiamo avere la percezione di quello che siamo, ma anche di quello che dovremmo essere;