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54 IL BUON CUORE


sarà spontaneo allora in noi il desiderio di non arrestarci mai e di non stancarci mai di questo cammino anche se difficile.

La vita: in questo momento il mio spirito è affascinato da una grande visione. E un’ampia distesa di terreno incolto, dai confini luminosi. Tutta la luce è là: oltre quei confini, ove un’immensa quantità d’acqua sembra confondersi col cielo. Attraverso quel piano erboso serpeggiano due corsi d’acqua, l’uno dal corso uguale e tranquillo; l’altro precipita tra dirupi e scogliere e rimbalza e spumeggia con forza contro i massi che gl’intralciano il cammino. Tra le due sorgenti un piccolo sentiero è tracciato e segue il corso del ruscello; accanto al torrente, nulla. Più alto, ove quell’acqua scaturisce e si dirama, un giovinetto dall’aspetto ardito guarda e pensa. Egli segue per un istante il sentiero che costeggia il ruscello e mena diritto a quella distesa d’acqua, egli guarda quel filo d’acqua disteso sull’erba come un nastro d’argento. Nel fondo un po’ di ghiaia; oh è ben chiaro! ma se quello prosegue così senza fatica, dona anche poco, a seguire quel sentiero, con sicurezza si giungerà in salvo alla meta, ma lungo esso nulla v’è da raccogliere e bisogna restare a mani vuote.

Ma il torrente lì vicino colla sua voce potente, richiama alla sua attenzione quel giovane pensoso. Ed egli guarda. Che fascino tutta quell’acqua spumeggiante, ardita più d’un corsiero in fuga! Ma come seguirla? Chi può dare la certezza di giungere vittoriosi laggiù, ov’essa si getta e l’oceano s’inarca, come ad aprire due grandi braccia per accoglierla trionfante nel suo seno, tutta quell’acqua? Eppoi tutti quegli sterpi che si parano dinanzi come barriere, e quel masso più sotto, diritto e fiero, che sembra imporsi a qualunque forza!? Come fare? Nel volto del giovinetto passa un’ombra di tristezza. Oh egli vorrebbe lanciarsi al di là di quegli ostacoli; egli sente che solo al di là di quel masso lo attende la luce e la ricompensa alle fatiche, e fors’anche (è troppo ardito il suo pensiero?!) la gloria! Ma pure quel cammino troppo faticoso lo accascia ed egli non sa, non può ancora muoversi.

Quel giovinetto non è un poco l’imagine di ciascuno di noi? Quante volte all’aprirsi d’un nuovo orizzonte, d’un nuovo ideale nella nostra vita; ci siamo guardati attorno smarriti, spaventati degli ostacoli che ci si paravano dinanzi, pronti a retrocedere, nonchè rinunciare alla lotta! Sentimmo che questo nostro sacrificio, questa rinnovatrice opera nostra ci avrebbe fruttato del bene e ne avrebbe procurato anche ad altri, ma pure il timore, l’incertezza, ci tennero indietro. Allora quasi inconsciamente, abbiamo seguito la via piana, la via facile come il sentiero di quel piccolo ruscello, che nulla dona e si getta nell’oceano senza ch’esso neppur l’avverta. Oh l’oceano aspetta l’acqua impetuosa del torrente, che ha dovuto lavorare e lottare per farsi strada, come Dio vuole l’anima nostra purificata dal dolore e dal sacrificio.

Ricordo: non sono passati molti anni, ero affatto bambina e nel giorno di festa d’un triste autunno, ascendevo l’erta di una collina che, staccata dalle altre ergeva dal mare, bella e severa, un poco triste in quel giorno
così solenne. Dinanzi a me sfilava in processione una comitiva raccolta e ciascuno recava in mano un piccolo cero acceso. Tutte le voci unite pregavano sommessamente, non so quale mite preghiera. La piccola chiesa, emergendo tra il verde, era poco discosta e nell’ombra pareva attendere il lungo corteo. Il mare calmo e trasparente mandava verso noi il suo mormorio, come a levare anch’esso la sua preghiera. In quel momento, non so per quale rivelazione speciale, intuii che cosa è la vita: un lungo, lungo sentiero per cui tutti dobbiamo ascendere, recando ciascuno in sè un po’ di luce.

Sì, cerchiamola questa in noi, siamo buoni, ma senza ostentazione; avrà sorrisi per noi la vita e, forse qualche anima incerta e smarrita, riceverà un riflesso di quel raggio buono che ci riscalda e ci illumina e, al suo tocco forse, risorgerà.

Dai monti della Valsesia - Novembre.

Itala Maria Costa.




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Religione


Vangelo della domenica di Settuagesima



Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi Discepoli questa parabola: È simile il regno de’ cieli a un padre di famiglia, il quale andò di gran mattino a fermare dei lavoratori per la sua vigna. Ed avendo convenuto coi lavoratori a un denaro per giorno, mandolli alla sua vigna. Ed essendo uscito fuora circa all’ora terza, ne vide degli altri che se ne stavano per la piazza senza far nulla, e disse loro: Andate anche voi nella vigna, e darovvi quel che sarà di ragione. E quelli andarono. Uscì anche di bel nuovo circa l’ora sesta e la nona, e fece l’istesso. Circa l’undicesima poi uscì, e trovonne degli altri che stavano a sedere, e disse loro: perchè siete qui tutto il giorno in ozio? Quelli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Venuta la sera il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama i lavoratori, e paga ad essi la mercede, cominciando dagli ultimi sino ai primi. Venuti adunque quelli che eran andati circa l’undicesima ora, ricevettero un denaro per ciascheduno. Venuti poi anche i primi, si pensarono di ricever di più: ma ebbero anch’essi un denaro per uno. E ricevutolo mormoravano contra del padre di famiglia dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora, e gli hai uguagliati a noi, che abbiam portato il peso della giornata e del caldo. Ma egli rispose a un di loro e disse: Amico, io non ti fo ingiustizia: non hai tu convenuto meco a un denaro? Piglia il tuo e vattene: io voglio dare anche a questo ultimo quanto