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268 IL BUON CUORE


lasciando alla località il nome di Faltesona, o sorgente d’acqua. Ed ecco una serie di vocaboli destinati a marcare filologicamente l’itinerario di questa tribù nomade e le sue relative fermate. Così, mantenendo sempre nelle denominazioni dei luoghi di sosta la desinenza ron (acqua o fiume); chiamò Verona, nel Casentino, quella che oggi chiamiamo Vernia o Verna, Alerona un ampio colle nell’orvietano, Mont’alerona, oggi Mont’alera, ameno castello sopra il Trasimeno. E certo, trovando la terra pingue e generosa, la tribù prosperò: talchè ben presto si fece sentire il bisogno di trovar nuove sedi, per sfollare i luoghi abitati e rendersi così a vicenda men difficile la vita. Ed ecco che alcune genti della tribù si spingono verso il settentrione e si stabiliscono in luoghi che chiamano Verona, sull’Adige, e Arona, sul lago Maggiore.

Mentre queste parole si avvicinano per la loro parte terminale, ve ne sono altre che si associano intorno ad una fonte comune di origine per la lor parte radicale. Così di Boulogne, porto d’approdo d’un’altra tribù susseguente a quella, si vede ripetuta la radicale in Boemia (Boi dell’Ems), in Bojaria (Baviera – Boi ed Avari), in Bologna (colonia Bojorum).

E si potrebbero citare esempi simili a centinaia.

Ma un altro campo ancora ci attende, campo inesplorata e feracissimo di documenti per la nostra istoria. Non sono solo i monumenti filologici dovuti ad esempi di assimilazione fonetica quelli che ci debbono interessare, ma tutto quel materiale fornito dalla tradizione e dalle leggende che fa dell’Umbria, in ispecie, una regione feconda ed inesauribile d’indagini.

In quella che il poeta, nel canto undecimo del «Paradiso», descrive

fertile costa d’alto monte pende,
quasi senza dubbio si può ravvisare la così detta costa di Drexe, che rimane a destra di chi, uscendo da Porta Perlici in Assisi, scende a Pian della Pieve per poi proseguire il suo cammino verso il colle eletto.
Questa regione ove nel principio dell’evo di mezzo si contesero fra loro il dominio d’Italia Goti, Bizantini, Longobardi, Franchi e Svevi oggi è quasi deserta. Ma dalla terra digradante di clivo in clivo, in valli amenissime e in dirupi orridamente belli, attraverso cui discendono con suadente melodia, all’ombra diafana e cortese di salici e di ligustri, argentei rivi d’acqua, sale verso il cielo, che è tutto un inno superbo di luce, il canto della gloria e dell’amore. Sospirano le aure tra le chiome degli alberi, sospira il lago sopra la riva ghiaiosa e del Subasio verde alla turrita Aperusia, dal Glitunno sacro alla umile e grande Assisi, sopra il frastuono delle false divinità agresti danzanti intorno ai rivi sacri, tenue una voce risuona nel canto delle creature e l’anima mite di Francesco si esala attraverso i cieli in un profumo di fiori, in sussurro d’acque, in una festa di cielo, in una gloria di sole. Attraverso gli incanti di tanta poesia la nostra mente ritrova le memorie del passato e su di un rudero viscoso ricostruisce tutta la grandezza e tutto l’obbrobrio d’una età:
mentre tutto intorno canta la soavità della vita, mentre tutto intorno si agita e ribolle in un possente rigoglio, scende nei freddi, silenziosi regni della morte, e l’anima nostra nella stessa luce del sole inorridisce del buio d’una tomba! Poichè, come dicevo, l’Umbria è ricchissima di interessanti monumenti filologici: ad ogni passo che fate, una memoria sorge: ad ogni volger d’occhi un fantasma d’altri tempi biancheggia innanzi a voi.

Sogni d’altri tempi voi vivete, allora. Lo stesso vocabolo Drexe che molti spiegano per tres ecclesiae, i ruderi delle quali non ho potuto rinvenire, può spiegarsi anche, e io credo con maggior probabilità di indovinare il giusto, con drei hechsen, le tre streghe: e in questo nome, originato da chissà quale leggenda alludente forse a guerrieri così invincibili da esser ritenuti incarnazioni di streghe, voi rivedete tutta un’epoca piena di superstizioni e di pregiudizii, di grandi ardimenti e di strani terrori. Continuando la strada alla sinistra di Gualdo (Wald), si trova presso Ca-de-cu, casa di Francescuccio, un cumulo di terra prativa, a forma di pan di zucchero, e di così giuste proporzioni da far credere che sia una collinetta artificialmente composta per nascondere probabilmente un ipogeo. Essa è chiamata dai contadini dei dintorni Mietola, forse da mittol, valle di mezzo. A sinistra ancora, sotto Porziano, si vede un antichissimo casale chiamato Renbù o Rambò, molto facilmente da regenbogen, arcobaleno. Avvicinandosi poi

al colle eletto dal beato Ubaldo
s’incontran due paesi: Casacastalda, senza dubbio da Statthalterhaus, casa del governatore, e più oltre Jommici da Jonmich, nome bizantino. E qui giova notare che son parecchie le località le quali conservano quasi intatto il loro nome bizantino: oltre a Jommici infatti c’è l’odierno Anifio dal bizantino Aniff e di altri di cui pel momento non mi sovvengo. Ma questi sono i due nomi più importanti poiché forse dati a perpetuare la memoria di due prodi dell’armata di Narsete che ivi raggiunsero i Goti fuggenti dopo la disfatta di Totila ad capras.

Nel decimoquarto secolo i figli di Albione lasciarono anch’essi un’orma indelebile del loro passaggio e precisamente nel territorio perugino, vicino a Ponte S. Giovanni. Un giorno Giovanni Acuto (Hawkwood) si trovava accampato con le sue bande in quei paraggi. Era d’inverno: il freddo era intenso. Allora quegli uomini si dettero a recidere le piante di scopiglio, che crescevano tutto intorno formando dei ricchi e folti scopeti. E allora, quasi per gratitudine alla terra che nel più gran rigore invernale aveva dato loro di che scaldarsi, quegli avventurieri posero, a memoria del fatto, il nome di Brushwood a quella regione, nome che poi si è italianizzato nell’odierno Brufa. Nè basta. Lì presso sono i colli di Miralduolo e Montevilio, nomi che ricordano la grave sconfitta ivi subita dai fuorusciti perugini. E Lu Sepulcru (Colfiorito), Ossaia e Sanguineto, al Trasimeno, non sono tanti altri monumenti filologici che perpetuano il ricordo storico delle battaglie quivi combattute e perdute da Centenio e da Flaminio? Al