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IL BUON CUORE 269


Sanguineto alcuni critici moderni han voluto contestare l’origine del nome: ma delle prove evidenti stanno a confortare la mia opinione che è quella del resto che di generazione in generazione si tramandano questi buoni abitatori. Una prima prova è che nei dintorni si rinvenne la celebre statua di bronzo dell’arringatore, forse portata via da Arezzo, o per onorare il presunto trionfo a Roma del console, o per servirsene come palladio; una seconda prova è che recentemente è apparso, qual nuovo testimonio, nello stesso territorio della vetusta Contea Ranieri di Montegualandro, un piccolo busto di bronzo, rappresentante molto probabilmente Flaminio stesso, che qualche centurione avrà nel bollore dell’ira, quando più veemente e feroce la strage infuriava, gittando lungi da sè nella fanghiglia del rivolo rosso di sangue che Byron così efficacemente ricorda in alcuni suoi versi:
Ma un rio cui poca è l’onda e poco il letto,
dai torrenti che allor corser di sangue,
ebbe il suo nome, e il Sanguineto accenna
il loco ove sgorgò da le secate
vene, la terra ad inondar, quel caldo
fiume che rosse fea l’acque dolenti.

E finalmente un’altra curiosità filologica ci si offre in alcuni vocaboli di origine punica coi quali una tribù nomade il cui idioma era il Barlogair-na-saor, soffermata sulle rive del Trasimeno, non più oltre di pochi secoli fa, chiamò e distinse i luoghi del suo momentaneo stanziamento.

Il fatto dunque di adottare forzatamente espressioni straniere, così comune in Italia, non è che il frutto e la conseguenza di eventualità storiche. Il dominatore si impone al dominato con ogni forma di superiorità: talvolta importa usi e costumanze proprie: talvolta introduce e incoraggia nuove religioni: spessissimo, e il caso è il più comune, lascia delle parole a segnare e a ricordare il suo passaggio. Quest’ultimo fatto, però, se deve chiamarsi storico nelle cause che lo hanno determinato, non può dirsi altrettanto nelle conseguenze che da queste cause son derivate. Stando a contatto di stranieri, anche oggi si verifica lo stesso fatto di secoli passati, si apprendono delle parole dei loro idiomi, si ripetono e si usano: così abbiamo dei nostri connazionali emigrati a Marsiglia i quali parlano e scrivono una lingua tutta loro speciale, infarcita di parole francesi a desinenze italiane e di parole italiane a desinenze francesi.

È questo un fatto puramente naturale che solo una volta, fra tanti secoli, ha acquistato le proporzioni di un vero e proprio fatto storico. Quando cioè le aquile romane, aperto il volo su tutto il mondo conosciuto, portavano col trionfo delle armi il trionfo di un idioma e di una civiltà: civiltà che ha informato e informa di sè quasi tutta la moderna vita; idioma che ha creato e alimentato l’armonia e la grazia, la dolcezza e la forza, il colorito e il profumo del grande gruppo glorioso delle lingue neo-latine.

Alessandro Picelier.


ECHI E LETTURE


La regina di Spagna ha voluto assistere alla solenne Messa d’adorazione all’Escorial, una delle cerimonie più belle del Congresso Eucaristico: fu cosa eminentemente suggestiva. All’entrata della Regina nel tempio, ricevuta dall’Alcade e dal Rettore, la folla rimase quasi meravigliata nel vedere la a inglese in mantiglia nera avanzarsi verso l’altar maggiore, fermarsi alla balaustra e prostrarsi non sull’inginocchiatoio preparato, ma sulla pietra nera: la Regina rimase col rosario in mano per oltre mezz’ora in quell’atteggiamento di preghiera: e quando dal coro una voce sacerdotale — di sacerdote inglese — incominciò la Corona, la Regina partecipò con tutti i pellegrini all’atto di fede collettiva: quindi ricevette la Santa Comunione. Dopo un’ora di medita. zione, uscì dal tempio, e come giunse al Patio de los Reyes la folla non potè più contenere l’entusiasmo e scoppiò in applausi clamorosi. La Regina, che era accompagnata dalla Principessa Luisa d’Orléans — narra il Momento — mentre la folla l’investiva col suo entusiasmo sonoro, piangeva: ci fu un momento in cui, le due auguste Dame, uscenti sull’esplanada de la Lonicon col priore degli Agostiniani, don Miguel Campos e col Conte d’Aybar, dovettero essere difese dall’impeto della moltitudine che voleva toccare colei che ha cinta la corona di Spagna e prega finalmente come una espanola! Le due signore Auguste col piccolo seguito uscirono dalla maggior porta del collegio fra una selva di bandiere e di vessilli popolari e operai, mentre garrivano al vento festanti i 500 stendardi dell’Adoracion notturna. Un vecchio basco si avvicinò e offerse alla Regina un fiore gridando: Los catolicos bascos deben defender a todo trance a Cristo e a Espana! Il vecchio basco gettò in aria il berretto, in segno d’entusiasmo: quando la Regina seppe che il popolano era quasi centenne e aveva assistito a tutti i lavori del Congresso con un fervore cristiano e civile rarissimo, lo richiamò a sè e volle baciarlo in fronte. Il popolano restituì il bacio paterno: uno per la Regina, uno per il Re, gli altri per i figli che son nati e che nasceranno. E si congedò col saluto cristiano della tradizione spagnuola più antica e più gloriosa. — Ave Maria purissima — disse il vecchio. — Sin pecado concebida — rispose pronta la Regina. — La folla che applaudiva pareva un oceano in tempesta.

Fa caldo: la società romana dei ventilatori a domicilio ha esaurito i medesimi. E li aspettiamo dall’estero. Ma adesso ci arriva una delle solite notizie refrigeranti che ci raffredderà anche gli entusiasmi per il ventilatore. Sì, fa caldo: ci sono i ventilatori, i quali vorrebbero essere utili nei locali dove c’è molta gente, per l’areazione dell’ambiente. Ma ecco gli esperimenti dei signori Sartory e Filassier, comunicati nel gennaio scorso alla Societa di biologia, che mostrano come i ventilatori non facciano che aumentare il numero dei bacteri nell’aria. In una camera d’osteria di cento metri cubi, prima di mettere in movimento il ventilatore