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18 IL BUON CUORE


cosa; e soltanto Socrate, dopo aver esercitata mirabilmente la pazienza colla sua Santippe, quella perla di moglie passata alla storia come il prototipo di tutte le mogli tristi, ciarliere, irrequiete, prepotenti, vero tormento dei poveri mariti, dopo avere studiato così tanto da vicino l’anima femminile, poteva sollevare la donna dell’avvilimento in cui l’avevano gettata i costumi d’Atene. E in parte vi riuscì, proponendo dei rimedî e dettando delle dottrine, non esenti da difetti, specialmente in ordine alla verità scientifica e alla purezza del matrimonio; dottrine che verranno poi completate dal Cristianesimo, e che inu n ambiente come quello ateniese non potevano che generare una grande rivoluzione nelle idee e nei costumi.

Platone e Senofonte scolari di Socrate, seguono le orme del Maestro. Platone, da vero femminista, dimostra agli Ateniesi la importanza dell’opera della donna nello Stato, la necessità di toglierla dalla oscurità e dal silenzio del gineceo per darle una accurata educazione, per redimerla dall’ignoranza, mandandola nelle palestre e nelle scuole, perchè viva nello stesso ambiente intellettuale e morale dell’uomo, e perchè possa così portare anch’essa il suo contributo di bene alla città.

Senofonte invece, spirito eminentemente pratico, scrivendo in ordine alla donna, cerca di conciliare gli ammaestramenti di Sparta con gli ammaestramenti avuti da Socrate, e ritiene che, soltanto imitando Sparta, potrà Atene riconquistare la sua primitiva grandezza. E su questo proposito l’Arrighi riporta lo squisito episodio di Pantea, che si legge nella Ciropedia, per continuare poi la sua storia nel periodo della decadenza degli Stati Greci e l’insorgenza delle libertà private, da cui il femminismo trasse dei vantaggi, non per altro che per la parte data alle donne dall’Epicureismo e dallo Stoicismo.

Parlando dell’Epicureismo Arrighi osserva giustamente la necessità di spogliarsi dell’opinione comune, basata su antichissime tradizioni e accolta anche da Orazio e da Dante, secondo la quale l’Epicureismo sarebbe la sensualità più volgare e più bassa eretta a sistema; mentre parlando dello Stoicismo afferma che per gli Stoici l’amore doveva essere cosa della ragione, non degli affetti, e appunto in forza di questo principio essi combatterono i vizi a cui si era abbandonata la gioventù ateniese, nella donna videro la compagna degna dell’uomo, nel matrimonio palestra di virtù, e la loro dottrina suscitò delle figure immortali di donne che seppero emulare gli uomini per costanza, energia e nobiltà d’animo.

Siamo giunti così al femminismo in Roma. E qui l’Autore dopo avere mostrata la condizione della donna romana del buon tempo antico, sotto l’aspetto giuridico e morale, viene a parlare del decadimento che a poco a poco si ebbe in fatto di costumi come conseguenza del decadimento del principio religioso, enumera le cause principali di questa corruzione femminile, come l’abrogazione della legge Appia, il lusso, l’Epicureismo che fece più danno in Roma che in Atene per la falsa concezione che aveva dell’amore e della famiglia; e
mostra come invano tentassero giuristi e filosofi di porre un riparo a tanto male dal momento che il cattivo esempio veniva dall’alto, e che le stesse donne dei Cesari il più delle volte non furono davvero un modello di costumanza, anzi furono maestre d’infedeltà coniugali, di delitti e di divorzi, mentre le leggi erano impotenti a frenare un tanto male.

Quello però che non seppero o non poterono fare le leggi romane lo fece il Cristianesimo. Già, prima della venuta di Gesù Cristo, nei libri del Vecchio Testamento si vede spuntare l’aurora di giorni migliori per la donna; gli scrittori ebraici insegnano a rispettare la maternità anche nei bruti; e nel Deuteronomio, nell’Ecclesiaste e specialmente nei Proverbi si trovano sancite quelle leggi che assegnano alla donna il posto che a lei si spetta di fronte all’uomo come sposa e come madre, si trovano gli elogi più belli indirizzati a lei dagli scrittori divinamente ispirati, primo fra tutti il canto del poeta palestinese il quale, descrivendo la donna forte, fa una viva pittura dei costumi della sposa e della madre dall’Oriente semitico.

L’ideale biblico però delle antiche donne israelitiche: Miriam, Debora, Ruth, Giuditta, si perfeziona nel Vangelo, e allora abbiamo la Cananea e la Veronica, la vedova di Naim e la Maddalena, simbolo della donna redenta dal peccato per l’amore; l’adultera, che dà motivo a Cristo di proclamare l’uguaglianza dei sessi e la Samaritana, simbolo della donna-apostolo, figure queste scolpite nel bronzo vivente della Scrittura da mano maestra, e che s’imporranno all’ammirazione di tutte le generazioni future. Profonde per dottrina e per soda argomentazione sono quelle pagine in cui l’Arrighi confuta vittoriosamente le obiezioni dei femministi anticlericali moderni, i quali vorrebbero sostenere che il Cristianesimo ha un triste concetto della donna per la colpa di Eva, che i Padri della Chiesa hanno sempre lanciato le più sanguinose invettive contro la donna, e che la dottrina cristiana è ostile alla donna, perchè propone come ideale la verginità, disprezzando il matrimonio; e le confuta con la stessa dottrina di S. Giovanni Crisostomo, mostrando come la verginità, che è superiore al matrimonio, non vuol dire sia da disprezzare quest’ultimo, e come il Cristianesimo anche sotto questo rispetto ha provveduto ai bisogni e alle aspirazioni della donna col benedire e santificare l’unione dei coniugi, colla diversità dei loro uffici, coll’amore e col rispetto scambievole. Così la civiltà cristiana a differenza della greca e della romana è in gran parte femminile, e nonostante gli ultimi sforzi del femminismo pagano, questa civiltà vedrà accorrere numerose donne al Cristianesimo, e non mancheranno così le martiri, le madri e le educatrici dei Santi, le apostolesse, le ministre della carità cristiana.

E questo benefico influsso del Cristianesimo sulla donna si estenderà ancora di più nei secoli futuri. Le condizioni della donna presso le antiche popolazioni germaniche e feudali sono tristissime e la Chiesa si fa protettrice della donna contro gli usi e i costumi feudali; dichiara il matrimonio un sacramento, si riserva il diritto di amministrarlo, impone delle condizioni alla