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156 IL BUON CUORE


L’origine dell’Ordine

«Narrano le cronache che verso la metà dell’undicesimo secolo alcuni mercanti di Amalfi, non avendo in Gerusalemme alcun albergo o alloggiamento proprio, come aver solevano in quasi tutte le città marittime, e desiderando pur procurare un asilo in quella città ai pellegrini d’Europa, essendo devoti e buoni cristiani, dove nulla avessero a temere dall’avversione dei greci scismatici, coi loro ricchi doni, s’introdussero nella corte del califfo Moustafar Billah, e distribuendoli fra le persone di corte ed i ministri, ottennero il permesso di fondare un ospizio in Gerusalemme nelle vicinanze del Santo Sepolcro pei cristiani latini. Nel 1048 il governatore assegnò loro un terreno e il permesso di fondare una chiesa e abitazioni per monaci e albergo per gente.

«In seguito crescendo sempre più il numero dei pellegrini un altro monastero, un ospedale con due cappelle, dedicate a S. Maria Maddalena e a S. Giovanni Battista vennero fondati.

«Così ebbe fondamento ed origine prima il sacro spedale di S. Giovanni Gerosolomitano».

Dal 1048 al 1308 i cavalieri Gerosolomitani non fecero che aumentare il prestigio e la importanza dell’ordine pio, finchè nella primavera del 1309, Fra Folco di Villaret succeduto a Fra Guglielmo dello stesso nome e ereditata da lui l’idea dell’impresa, partito da Cipro con una grande flotta e gran numero di cavalieri, si presentò davanti a Rodi, vi operò uno sbarco e si impadronì dell’isola.

«Dopo questa strepitosa conquista, tanto utile per la cristianità — continua la cronaca — e tanto gloriosa per l’ordine, di comune accordo di tutte le nazioni, i cavalieri di San Giovanni cambiarono il nome in quello di Rodi. Ma mentre attendevano essi a fortificarsi e stabilir resistenza nell’isola per godersi un tranquillo riposo, Ottomano, re dei Turchi, con numeroso esercito andò ad attaccarli nel 1310.

Fert....

«Ma lo straordinario valore dei cavalieri fiaccò l’orgoglio ottomano, che venne per la prima volta sconfitto».

Le vicende di quest’assedio si riallacciano alle vicende della Casa Savoia. È noto che fu proprio in questo memorabile assedio, il primo sostenuto dai cavalieri di Rodi contro quelli che dovevano divenire i loro secolari nemici, che si distinse il valoroso e generoso principe Amedeo V, conte di Savoia, il quale, muovendo in aiuto dei cavalieri di Rodi con buon nerbo di armati, fu uno dei salvatori dell’isola tanto da prendere il motto Fert (Fortitudo eius Rhodum tenui!)1 e da cambiare sulle sue armi l’aquila tedesca con la croce bianca in campo rosso, antica e trionfante insegna della sacra Religione.

Da allora Rodi divenne il baluardo della cristianità contro l’orgoglio ottomano e per duecentoventi anni fu la rocca contro la quale si smussarono le armi dei
sultani turchi, mentre l’ordine, crescendo di potenza e aumentando in splendore, diveniva sovrano e potente quanto le repubbliche italiane e nel sacro mare Mediterraneo teneva lontane le galee dei predoni barbareschi.

La “Gran Caracca„

L’isola delle Rose, navigando nell’estremo mar Mediterraneo, sotto il più puro cielo latino, pur resistendo strenuamente a tutte le incursioni barbaresche, doveva un giorno ricader preda dei turchi.

Ma la caduta di Rodi fu una nuova pagina gloriosa aggiunta alle tante scritte col sangue dei prodi e pii cavalieri di San Giovanni. Non sarà vano rievocare questa pagina ora che le armi d’Italia, riportando in quei mari, in quell’isola e su quei bastioni la croce dei cavalieri di Rodi e di Amedeo V di Savoia sembrano, voler far rivivere l’antica virtù dei paladini di Cristo!

Verso il 1500 le navi dell’ordine di Rodi incrociavano diuturnamente nelle acque dell’Egeo alla ricerca della più grande nave turca, che gettava la desolazione nei commerci e nelle terre della cristianità.

Ma questa nave possente e ben guidata riuscì sempre ad eludere le ricerche ed a sfuggire alla caccia spietata che le facevano le galee dell’ordine di Rodi.

Vi fu tempo in cui essa appariva in tutti i mari, cannoneggiava, demoliva città e castelli e scompariva carica di bottino e di schiavi, lasciandosi dietro la desolazione e una larga eco di pianto e di sangue.

Catturare il grande vascello divenne una necessità e nel 1507, finalmente, essendo gran maestro dell’isola E. d’Amboise, alcune galee dell’ordine si incontrarono con la nave che i turchi chiamavano la Regina del mare. Dopo una strenua difesa il vascello fu catturato e trasportato a rimorchio nel grande porto di Rodi, con la bandiera turca abbassata e il vessillo dell’ordine sventolando su tutti gli alberi. Grande fu la gioia a Rodi.

La Gran Caracca o Regina del mare, destinata in origine al commercio delle Indie, era un vero castello galleggiante e si componeva di un grande scafo capace di sopportare oltre la ciurma mille soldati. Vi erano sei piani o ponti dai quali i saraceni avevan coperto di strage i mari con la bocca di cento cannoni.

Al momento della cattura la nave ritornava forse da qualche saccheggio poichè fu trovata carica di denaro e di pietre preziose.

Da quel giorno la Gran Caracca divenne la nave ammiraglia dell’armata di Rodi e su di essa prese imbarco il Gran Maestro ogni volta che dovette recarsi nel Continente per affari del suo alto ministerio. In tempo di assedio, ormeggiata nel gran porto, coi suoi sei ponti e i suoi cento cannoni fu un baluardo di più a difesa della città di Rodi.

Solimano contro Rodi

Nel 1521 Solimano II il Magnifico, succeduto al battagliero Achmet, un anno dopo che Carlo V veniva incoronato imperatore ad Aix la Chapelle, repressa la ribellione di Egitto e di Siria e impadronitosi di Belgrado, deliberò di assediare Rodi e riconquistare l’isola

  1. Il Giornale d’Italia di Roma, commentando l’origine di questo motto fatidico, ne fa una moderna applicazione: Fortitudo Emanuelis Rodum Teneat.