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158 IL BUON CUORE


I porti furono sbarrati e le mura si gremirono di difensori.

Le galee turche, scelto un punto della costa sufficientemente lontano dal tiro delle batterie dei cristiani, iniziarono lo sbarco, che durò tredici giorni, riversando sull’isola 140,000 combattenti, 60 mila uomini da adibirsi pei lavori di assedio, artiglieria e munizioni senza fine e macchine poderosissime per combattere i cannoni dei bastioni.

Compiuto lo sbarco le truppe di Solimano investirono la città. Obbiettivo principale del primo tempo dell’assedio fu di stabilire una o più batterie davanti a quelle degli assediati; ma questi saettandoli coi loro tiri precisi, resero vani tutti gli sforzi, producendo nelle file turche delle perdite così enormi che i soldati di Solimano ebbero l’impressione di essere stati mandati al macello. E ad aumentare la loro sfiducia concorsero la desolazione della campagna, le imboscate tese loro nell’interno e le sortite sanguinose dei cavalieri.

Il comandante supremo dell’esercito invasore, Peri Pascià, ne fu tanto spaventato che scrisse a Solimano essere necessaria la sua presenza per infondere coraggio all’esercito demoralizzato.

Il 28 luglio 1522 difatti il sultano Solimano seguito da 15 mila uomini di truppa scelta sbarcò a Rodi.

Furioso di vedere duecento mila uomini fermi davanti la rocca dei cavalieri di Rodi, Solimano minacciò di morte le sue truppe se non avessero riconquistata sulle mura di Rodi la gloria militare perduta.

Solimano a Rodi

Dall’arrivo di Solimano l’assedio fu intensificato e giorno e notte le batterie turche continuarono a vomitar fuoco contro i bastioni; mentre dall’alto di questi si rispondeva con eguale fervore.

Dirigendo la manovra lo stesso Solimano, i turchi riuscirono ad elevare un terrapieno davanti il bastione d’Italia.

Gli assedianti decisero allora di dare un assalto generale. Il pascià Mustafà ebbe l’ordine di attaccare il bastione d’Inghilterra; mentre Peri Pascià avrebbe attaccato quello d’Italia, Achmet Pascià quello di Alvergna e Spagna, il governatore dell’Anatolia quello di Provenza e Bergher-Bey della Rumenia la fortezza di San Nicola.

I turchi si slanciarono con estrema violenza; ma il primo assalto contro i bastioni della Lingua di Germania fu respinto dai Cavalieri, che ottimi tiratori fulminarono e decimarono gli aggressori con le loro grosse artiglierie.

Begher Bey fu più fortunato dal suo canto e riuscì a far crollare uno dei muri della fortezza di S. Nicola. Ma la caduta di questo muro svelò un nuovo bastione che il Gran Maestro aveva fatto costruire e che coi suoi cannoni gettò la strage su quelli che si erano precipitati sulla breccia.

Per un mese intero l’artiglieria turca non tralasciò di tuonare giorno e notte contro le mura di Rodi, che resistette meravigliosamente. Tuttavia il primo forte ad esser danneggiato fu quello d’Italia; e quello d’Inghil-
terra, quantunque difeso dall’eroico Villiers de Isle Adam, fu minato, crollò, fu perduto e ripreso dai cavalieri in una mischia feroce che fece moltissime vittime.

Tutti i comandanti turchi fecero del loro meglio per espugnare i bastioni che avevano avanti; ma non vi riuscirono. Fu allora che i giannizzeri cominciarono a mormorare e a manifestare la loro stanchezza.

Il 17 settembre allora, essendo riusciti nella notte a minare i forti, i turchi dettero un assalto generale, ma quantunque per le esplosioni rimanessero danneggiati i bastioni di Alvergna, Spagna ed Inghilterra e i turchi si precipitassero come pazzi sulle brecce, i cavalieri riuscirono a respingerli ancora una volta uccidendo ben tremila turchi.

Sette giorni dopo, Solimano essendo sicuro che la piazza per la mortalità e i danni alle fortificazioni non avrebbe potuto resistere oltre, dette all’improvviso un assalto generale.

Ma fu ricevuto da un inferno di piombo e dovette ripiegare con perdite così enormi che per sfogare la sua rabbia fece uccidere a frecciate il suo generale Mustafà Pascià, accusandolo di vigliaccheria.

Il tradimento di d’Amarel

Stanco di non poter vincere questa ostinata resistenza, ed essendo l’esercito ridotto dalle uccisioni e dalle malattie, Solimano stava per togliere il campo e imbarcarsi sui suoi vascelli, quando ricevette una lettera dal cavaliere d’Amarel nella quale il traditore gli descriveva l’immensa desolazione della piazza e l’esiguo numero di difensori validi che in essa erano rimasti.

Solimano allora revocò l’ordine di partenza e per mostrare alle truppe e agli assediati che era deciso di passare l’inverno a Rodi, cominciò a farsi edificare un palazzo sul colle Filemo. D’Amarel intanto dall’interno della piazza continuava ad informare il sultano. Ma il suo tradimento non gli giovò molto, poichè scoperto mentre mandava un messaggio attaccato ad una freccia, fu accusato di tradimento e fellonia e giustiziato previa degradazione e svestizione degli abiti dell’ordine.

Le notizie dell’eroico assedio di Rodi fecero intanto il giro dell’Europa senza per questo commuovere i potenti re cristiani.

Francia, Spagna e Inghilterra inviarono delle galee cariche di viveri e munizioni; ma queste non giunsero mai nel porto di Rodi, che era ridotto agli estremi. Già i turchi si erano impadroniti dei bastioni d’Italia ed Inghilterra, così che il Gran Maestro, per impedire l’entrata in città al nemico, era stato costretto a demolire due chiese e coi materiali di queste innalzare nuovi bastioni dietro quelli perduti.

Caduta di Rodi

Dopo sei mesi di lotta a Rodi, nella speranza di veder comparire un’armata cristiana, si lottava come nel primo giorno dell’assedio. Ma ogni speranza fu frustrata dalla realtà crudelle e inesorabile. Venne il giorno in cui le munizioni finirono e i difensori divennero un drappello. L’arcivescovo di Rodi consigliò allora la resa, mentre i cittadini si recavano in processione dal