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IL BUON CUORE 213


La parte più importante dei funerali è il sacrifizio di bestiame, come montoni e capre. Il numero delle vittime è proporzionato alla posizione e ricchezze del morto. Dieci, trenta, cinquanta capi sono talvolta immolati. Gli amici del defunto conducono bestie per il sacrifizio. Un vecchio rifiuterà di vendere i suoi buoi, sebbene non abbia un soldo: li riserba per il suo funerale. I piagnoni vengono da ogni luogo, anche da molto lungi. Vanno e vengono nel villaggio, brandendo le loro zagaglie, e gridando con voce corrucciata «Chi uccise l’amico mio, chi lo stregò?» Indi scatenano il loro corruccio su i vasi del defunto, che spezzano. Il banchetto che si imbandisce dura vari giorni talvolta intere settimane.

Se chiedete loro la ragione di tali ecatombi davvero straordinarie per povera gente come loro, vi sentite rispondere che «servono per mantenere in forza i piagnoni, i quali, se per disgrazia deperissero, ne riceverebbe infamia il morto». La vera ragione, però, si è, che allo spirito del defunto occorrono compagni, tali sono gli spiriti degli animali immolati. Se questi sono rifiutati, lo spirito del morto si vendicherà, uccidendo il gregge dei parenti ed amici.

La proprietà del defunto passa a suo fratello, e la sua tenuta e le mogli, essendo considerate come vero proprio possedimento, passano anch’essi al fratello.

Poveri Tonga! solo la fede cattolica potrà affrancarli da sì sciocche superstizioni! Sia lodato Dio, per i progressi che essa compie fra loro!

(Corrispondenza Africana).

AI GIARDIN PUBBLICH


Quand vedi ai Giardin pubblich quij bambitt

Che vosen, corren, riden tutt content,
Che somejen a on mucc de passaritt;
El godi anmi quell so divertiment,


Perché soo tornà indree con la mia ment,

Ai temp che anmi faseva quij giughitt
Come fann lôr, del tutt inconcludent:
Ma adattaa per qui test a rizzolitt.


Quij bei creaturinn, fioritt vivent,

Su sta terrascia grassa de dolôr,
Me fann sgorgà dal cceur duu sentiment;


El primm, allegher.... perché lôr sann nient,

E l’alter trist.... perché tutt quij bei fiôr
Vann incontra alla crôs di patiment!

Federico Bussi.


Giugno 1912. Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZI.


La colonizzazione della Patagonia

e l’emigrazione italiana.

(Continuazione, vedi n. 26).

Questa zona del Rio Negro in cui si sta avviando la irrigazione, di cui ora parlavamo, costituisce attualmente uno dei centri di attrazione più importanti per gli emigranti che il Governo Argentino vuole avviare alle regioni meridionali della Repubblica.

Ma dalla Direzione di immigrazione si consigliano altre località opportune per gli emigranti che vogliono recarsi nel Sud. Fra le aziende e le imprese che da quella si indicano come preparate a ricevere la emigrazione, una delle più organizzate e degne di nota è quella detta Las cuarentas quintas (i quaranta orti) a Medanos.

Medanos, il paese presso cui è situata l’azienda, si trova sulla linea ferroviaria che da Bahia Bianca porta al Rio Negro ed al Neuquen: il treno impiega da Bahia Bianca un’ora circa; si effettuano molte corse ogni giorno.

Lo stesso nome di Medanos, che significa dune di rena, indica la caratteristica del paesaggio molto arido leggermente ondulato per le collinette di rena formate dal vento che anche qui soffia spesso impetuoso. Il paese conta meno di 800 abitanti, dei quali un forte contingente è dato da emigrati russi; pochi sono gli italiani. Appena un chilometro fuori dell’abitato è situata l’impresa Las cuarentas quintas. L’Azienda appartiene al signor Ricardo Rosas, il quale possiede in quella regione vaste estensioni di terreno.

Sono preparati 40 orti con relativa casetta pronti per essere coltivati; le casette costruite in mattoni, piccolissime, composte solo di due stanzine a terreno, sono allineate in due lunghissime file nella pianura, alla distanza di 150 metri circa, l’una dall’altra: fra di esse stanno i lotti di terreno. Il terreno al solito è arenoso arido; la pioggia è rarissima: lo strato di terreno atto alla produzione è basso, ed al disotto di esso, sta uno strato di cosidetta losca, impermeabile, ciò che è dannoso all’agricoltura, esponendo le coltivazioni alle conseguenze dell’umido e della siccità. L’acqua, che si estrae automaticamente dal sottosuolo con una pompa mossa da un mulino a vento, come si vede ovunque in Argentina, non è buona per bere; per questo scopo si deve conservare quella piovana. Il vento qualche volta reca qui pure gravi danni, accumulando strati di rena, sotto la quale gli ortaggi facilmente restano sepolti.

La superficie destinata ad ogni orto è di due ettari. Le condizioni di concessione che si fanno agli immigranti hanno qualcosa della mezzadria, con modificazioni ed altri patti diversi. Il proprietario concede al colono il terreno, la casa, gli arnesi da lavoro, la semente, le pianticelle dei frutti da coltivare: una pompa messa da mulino a vento con serbatoio di zinco capace di 6o metri cubi di acqua.

È stabilito che una metà del terreno deve essere coltivata a vigna, l’altra metà ad ortaggio e frutteto. Il padrone passa pel primo anno 60 pesos (circa 130 lire)