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IL BUON CUORE 339


Religione

Vangelo della domenica prima dopo la Dedicazione


Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù a’ suoi discepoli: «Il regno de’ cieli assomiglia ad un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi; e avendo principiato a rivedere le partite, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. E non avendo costui il modo di pagare, comandò il padrone che fosse venduto lui e sua moglie, e i figlioli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Ma il servo prostrandosegli a’ piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli condonò il debito. Ma partito di lì il servo, trovò uno de’ suoi conservi, che gli doveva cento denari; e presolo per la gola lo strozzava dicendo: Pagami quello che devi. E il conservo, prostrato a’ suoi piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e io ti soddisferò intieramente. Ma quegli non volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Ma avendo gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne rattristarono: e andarono e riferirono al padrone tutto quello che era avvenuto. Allora il padrone lo chiamò a sè e gli disse: servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato. Non dovevi adunque anche tu aver pietà d’un tuo conservo, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone, lo diede in mano de’ carnefici, fino a tanto che avesse pagato tutto il suo debito. Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello».

S. GIOVANNI, cap. 18.


Pensieri.

Seguendo l’uso orientale Gesù — dopo d’aver annunciato una sentenza morale — a dare maggior forza aggiunge una parabola od esempio. Aveva innanzi risposto a Pietro doversi usare sempre, continuamente pietà e misericordia agli uomini, che errano e peccano — settanta volte sette — contro il pregiudizio ebraico, che misurava il dovuto perdono dal numero maggiore o minore delle nostre cadute perdonate.

Gesù — giusto estimatore delle debolezze umane — grida: perdonate, perdonate sempre.... misura al perdono, che darete, sia la bontà stessa, che il buon Dio usa per voi.

Sante e sublimi parole per un cristiano, che, perdonato le mille e più volte, non riesce a tollerare la debolezza del fratello più meschino, la violenza e l’urto dell’avversario.

Poniamo mente che l’enorme somma di diecimila talenti data ad un servo, non è data ad un servo qualsiasi, ma dal greco pare debba trattarsi d’un favorito,
d’un ministro di quel re. Diversamente avrebbe dell’inverosimile, giacchè non si può dare ad uno qualsiasi una somma che può tradursi in moneta italiana per il valore di circa sessanta milioni.

Ma ciò che è non solo verosimile, ma meraviglioso è che non un re della terra, ma Dio degnossi di scegliere e me e voi — per sua sola bontà — e regalare — molto più apprezzabile che non il caduco oro del mondo — della nostra vocazione alla fede, dei sacramenti, del suo paradiso. E chi ha scelto? Un grande? un degno di lui? Mio Dio! non foss’altro un ingrato, uno che — al più — le cento volte s’è buttato bocconi innanzi al suo rigore piangendo per rialzarsi perdonato e ricadere.... l’indomani, un cristiano. Ciò è poco sorprendente?!

Il ministro ha dato pochi denari al compagno.

Il cristiano d’oggidì ha dato pochi danari — pochini assai — ai suoi fratelli; all’avversario, all’incredulo. Dove, dove troviamo il grande prestito di nostra fede, di nostra virtù, di nostra pazienza, di nostra scienza, di nostra vita, a chi vuol vedere e conoscere Cristo attraverso la vita dei suoi seguaci? Non forse fra il nome di cui si fregia il fratello e l’opere sue vi ha tale discrepanza, vi ha tale stridente contrasto da sentirlo proclamare a voce, negare nella vita, nel fatto?!

Oh! il piccolo, Piccolo, minuscolo prestito che noi — servi largamente regalati da Dio — abbiamo fatto a chi — fratello nostro — ci sta d’attorno, contento, soddisfatto di ben più piccolo dono!...

La democrazia che sale — fatale ascensione grazie alla forza elevatrice dell’ideale cristiano che — miope nella propria settarietà misconosce — la democrazia d’oggi non sente il profondo e l’abisso che divide le classi d’un giorno, ma vogliate ripensare colla mentalità dei connazionali a Cristo e avrete la descrizione veridica di quanto ci fece Dio, di quanto di ben meschino abbiamo riversato noi sui nostri fratelli, che al banchetto del vero, della virtù, della giustizia avevano pure i medesimi nostri diritti.

Passiamo la scena pietosa del re buono, la scena triste del perdonato così gretto ed egoista e applichiamo la lezione a.... noi.

Perdonati nelle nostre violenze alla legge di Dio le mille volte — quante volte l’abbiamo implorato — guardiamo il nostro contegno coi fratelli nostri. Come siamo pretenziosi!... come siamo pronti a domandare il nostro diritto, e più che quanto vuole la fede, le più sottili «nuances» della delicatezza religiosa!... La nostra maggior scienza religiosa rifugge dal contatto con una mente rozza, che ha solo afferrato le prime idee del catechismo.... La nostra maggior virtù, pietà, devozione come è schiva del contatto col disgraziato, con chi non pratica la nostra fede, la nostra chiesa!... Come siamo esigenti per una piccola istruzione data, per una correzione fatta circa un errore, un vizio, come siamo impazienti, come ci tarda e ci irrita il non balzare — al pari di focoso destriero — sulla via della virtù del nostro fratello, che appena abbiamo aiutato!...