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Anno XII. 18 Gennaio 1913. Num. 3.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —La colonizzazione italiana negli Stati Uniti del Nord America (Continuazione del n. 1).
Religione. —Vangelo della seconda domenica dopo l’Epifania.
Per la missione nell’Eritrea.
Sanatorio Popolare Umberto I.
Beneficenza. —Opera Pia Catena — Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi. — Al Pio Istituto Oftalmico.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Il Cardinale Capecelatro

Cenni gentilmente favoriteci dal R. Mons. G. Polvara


Il Cardinale Capecelatro si è spento serenamente santamente in Capua il giorno 14 novembre alle ore 18 dopo una giornata di sofferenze.


Una vita di apostolato


Il card. Alfonso Capecelatro nacque a Marsiglia il 5 febbraio 1824 da Maddalena Sartorelli e dal conte Francesco Capecelatro, duca di Castel Pagano, valoroso soldato che all’assalto di Capri del 1808 aveva meritato una promozione dal prode Gioachino Murat, e che nella vigilia del famoso 14 dicembre del 1820 aveva difeso strenuamente la reggia, al quale però tanti meriti non erano valsi agli occhi sospettosi del sovrano Ferdinando I, che finiva per obbligarlo a volontario esilio. I coniugi vissero a Marsiglia sino al 1826, troppo breve tempo. perchè nel temperamento del fanciullo rimanesse traccia d’impronta straniera. Ma i disagi dell’esilio trascinato per altri cinque anni da Marsiglia a Roma, da Roma ad Ancona, e le angustie inseparabili della vita raminga, affrontate però senza pentimento dai suoi, dovettero rivelare assai per tempo a quel bambino il pregio dei «liberi ordinamenti». Nè forse fu senza efficacia nello spirito di chi ha scritto la mirabile pagina della mansaetndine evangelica, la preghiera che dalle labbra della madre buona egli apprese a fare per coloro che la spingevano innocenti a dolorare lontano dalla patria.


* * *


Nel 1830 poterono finalmente ritornare a Napoli; ma, o fosse disgusto di uomini e di cose, o fosse
desiderio di sicurezza e di tranquillità, la famiglia Capecelatro preferì dopo qualche anno, di ridursi a vivere in una villa che aveano costrutta a San Paolo Belsito, nelle vicinanze di Nola. Qui cominciarono i primi studi del giovanetto. Nessuno però ricorda più il nome del modesto insegnante del Seminario Nolano, dal quale, nelle belle giornate, si recavano i fratellini Alfonso e Antonio per apprendere i rudimenti d’italiano e di latino. Del resto è bene dir subito che il cardinale Capecelatro non imparò mai molto nella scuola, che frequentò assai poco. Nell’Oratorio di Napoli aveva anche trovato un modello amabilissimo di perfezione evangelica nella persona del P. Giuseppe Pennasilico, e la biblioteca copiosa: e quegli e quella furono i primi veri maestri al suo spirito attivissimo. Mancava solo una occasione che gli avesse rivelata la particolare attitudine del suo ingegno, e l’ebbe a 20 anni, quando, uscito appena dal noviziato, fece una visita a Montecassino, dove era già monaco don Luigi Tosti. Si conobbero, divennero amici, e fu allora che al roveto ardente dello storiografo della contessa Matilde, si accese la limpida fiaccola dello storico di Santa Caterina da Siena. Il 30 maggio del 1847, si ordinò sacerdote, portando a Dio, sull’altare, tutte le speranze, tutte le ansie che allora ardevano e gemevano nel cuore dei cattolici italiani. Però il turbine degli avvenimenti incalzantisi non lo rapì, nè allora, nè poi: ma nemmeno lo sgomentò. Credeva, sapeva che Gesù Cristo è eterno nell’umanità: eterno l’aveva veduto nelle mutevoli contingenze della storia. e perciò non poteva maledire al presente senza pericolo di disconoscere il «Cristo che è oggi». E nella profondità di tale coscienza cristiana gettò le radici tutta l’opera sua di sacerdote e di scrittore, di cui tosto cominciarono a sentirsi i benefici. Perchè nella sua cameretta ai Gerolamini, attorno al confessionale nella balla chiesa di San Filippo convenivano già, tra il 1849 e il 1860, quanti cattolici aveva Napoli più intelligenti e più operosi. E in quei fraterni convegni ove spesso si trovava insieme Alfonso Casanova, P. Ludovico da Casoria. Enrico Cenni, don Gaetano Bernardi. Federico Persico si facevano e si trovava il modo di eseguire disegni come eli «A sili infantili» e l’«Opera di assistenza per i fanciulli abbandonati» del Casanova: gli ospizi marini di P. Ludovico: libri di politica e di filosofia come quelli del Cenni; di propaganda manzoniana come quelli del Bernardi; saggi aurei di catechismo, fatti a prova, dal Persico e dal Capecelatro medesimo. Il quale se traeva profitto dalla comunione con quegli uomini in contatto con la vita, giovava poi esso a tutti con l’equilibrio inalterato del suo spirito e con senso vivo della realtà effettuabile. E non fu meno efficace l’opera di lui