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IL BUON CUORE 219


Pensieri.

La semplice lettura del brano evangelico ci riempie di stupore e meraviglia nell’osservare la folla che stringe dappresso Gesù, la pazienza di lui nell’essere importunato durante il suo discorso da questa turba curiosa e indisciplinata, la sua preferenza per Simone, la sua preghiera perchè scosti la barca alquanto da terra, il comando a Pietro, stanco di buttare la rete dopo una notte di fatiche, date inutilmente, la fiducia del pescatore alle parole e dolci modi di Gesù, la pesca meravigliosa, la meraviglia dei compagni, la vocazione loro al sacerdozio. Ma a voler restringere la folla dei pensieri, osserviamo la delicatezza con cui prepara quei pescatori alla grandezza della nuova missione, come ed a quali condizioni si operi con frutto, e la prontezza per cui — dietro di Cristo — non si rimpiange un passato od un mondo d’ieri.

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Osserviamo la delicatezza con cui Gesù prepara i pescatori all’Apostolato. Li fa assistere, primamente — approffittando della loro curiosità — al suo trionfo, chè la folla, che gli si stringe appresso dice a quei rozzi pescatori, ch’egli è uomo di scienza, d’autorità. Simbne, quando parlerà a Gesù la prima volta, tradirà la sua impressione chiamandolo col nome di Maestro. Ad insinuare e legarsi Pietro — il futuro capo e pietra della Chiesa — sceglie la sua barca e lo prega (carità e gentilezza immensurabile!) lo allontani alcun poco dalla riva: gli dà il suo insegnamento e del piccolo favore con divina munificenza gli impone di buttare — con frutto enorme — le reti e, quando innanzi alle molteplici prove di bontà e potere, Pietro lo adora non maestro ma a Signore», Cristo gli manifesta i suoi grandiosi disegni, l’altezza di vocazione, etc. Ed allora? Pietro, che, unitamente a’ suoi s’affaccenda a ritirare -- per prima cosa — la fortuna insperata dei pesci, Pietro, che lascia le reti — tutta la fortuna, il mezzo per continuare la vita a sé, a’ suoi, etc. — lo segue fedele. Come agisce Gesù! Grazie, o’ Signore, che nella tua generosità non solo il beneficio intendi, ma lo accompagni di modi e maniere, che avvince e lega di nodi soavi ma forti più della morte istessa.

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In risposta a Gesù come opera l’uomo? Che l’uomo — peccatore o meno — debba lavorare e fastidirsi è scritto, è verità. e Mangerai col sudor della fronte». Ma come è triste e dolorosa la sorte di quelli che dopo d’aver molto lavorato s’accorgono alla fine d’aver lavorato invano! Pietro confessa di aver lavorato fino a sentirsi morto, ma confessa il nessun frutto della fatica. Tale il grido e la sorte nell’ordine sovrannaturale di molti, che alla fine di lor vita confesseranno d’aver faticato l’intera esistenza per... nulla. SenzaCristo, ci si affatica invano:

per una ragione più grande, più, alta senza la sua presenza ed assistenza l’opera della nostra salvezza opera prima e sola — non approderà a nulla. La superbia umana, l’orgoglio dell’indipendenza, l’individualismo, la personalità, tutto ciò che è dell’uomo, si ribella a questa affermazione: eppure questo è canone, è verità fondamentale della nostra fede rivelataci dal Salvatore istesso, quando ci disse «Senza me non potete fare cosa alcuna». Ma dove sono questi sgraziati lavoratori? questi il cui lavoro non e stimato non ha valore? La teologia ci dice essere coloro che sono in peccato mortale, che sono senza la grazia. Senza di questa grazia — quasi presenza di Dio, presenza d’operazione — siamo tralci divelti dal tronco, non cioè adunque, suscettibili d’opere vive, rímunerabili. Siamo schiavi curvati innanzi al padrone: non siamo i figli, che per essere legati al padre, per l’affinità del sangue, per la sola personalità coi genitori fa sì che l’atto del figlio abbia un valore ben diverso, un premio diverso da quello del cane, o dello schiavo. Così con Dio. Personalmente fuori di Dio, a Dio legati perchè — col mistero della grazia — in noi vive, le azioni nostre hanno valore ed efficacia per la vita stessa.

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Ed è questo valore, che ci obbliga a lasciare la casa, le reti, i parenti, ciò che ieri era migliore ed indispensabile per il domani con Cristo. Ogni minimo atto — alla mano e portata di tutti — ha un miglior valore e stima che non abbia l’oro e la potenza dei re. Per questo Pietro lascia le reti, coi compagni segue Gesù. Non rimpiange il passato. E di noi? Gegisù ha detto assai male di chi posto mano all’aratro si rivolge... indietro. B. R.


Educazione ed Istruzione


DOPO LA GUERRA

Quelle che saranno obliate Sembra ormai prossima ad attuarsi la grande speranza della pace e sfumar finalmente i rossi cirri insidiosi da tempo lingueggianti nell’orizzonte nubilo di oriente. La tregua seppellisce nel suo silenzio, che pare mite ai lontani, gli aneliti dei feriti, dopo aver stremato nelle agonie ultime le vite esauste dei combattenti, non uccisi dalla guerra, ma da essa estenuati, dissanguati, perchè si spegnessero negli ultimi stenti ignorati, combattessero le ultime lotte oscure con la