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Anno XII. | 13 Dicembre 1913. | Num. 50. |
Giornale settimanale per le famiglie
IL BUON CUORE
Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE
Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena
E il tesor negato al fasto Manzoni — La Risurrezione. |
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La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
Rosmini — Opere spirit., pag. 191.
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Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.
SOMMARIO:
Educazione ed Istruzione
LA VOCE DELLE COSE
I Comignoli
Continuazione del numero 49.
Una voce roca, che non avevo ancora sentito, parlò. Era un comignoletto rozzo e screpolato, fatto di tanti comignoli piccoli e grandi, addossati l’uno all’altro, accatastati, ma saldi e sicuri. Era il comignolo del- popolo piantato come una torre di vedetta sui tetti di un casamento enorme, fantastico, nella notte stellata.
— Io sono debole invece — disse il comignoletto rosso — ma satollo. La mia padrona, che è una cantante, mi dà fumo dolce tutto il giorno, ma basterebbe il fischio di un vento un po’ sgarbato per farmi rovinare. Sono così carino che gran peccato sarebbe la mia scomparsa dai tetti della città.
— Sei presuntuoso, anche — osservò il filosofo. — Ma ciò non ostante il più debole sono io, che son solo, abbandonato come te alla mercè dei venti e dei cicloni e il cibo che il mio padrone mi manda è senza sale.
— Ed io — interloquì il mio comignolo dopo di essersi raschiata alquanto la gola — con questo abbaino sotto i piedi mi sento fortissimo e impavido affronto le tempeste, ma il fumo dei sogni è anche più insipido del fumo di polenta. Perciò sono costretto a nutrirmi di speranza.
— Chi vive di speranza muore di doglianza — disse il popolo. — Io lavoro sempre, ma non spero più se non nell’architetto che mi fece. Un manovale che venne un giorno quassù per accomodarmi quattro pietre sconnesse dalla pioggia, mi disse ogni sorta di male dell’architetto e dei suoi studii, e dell’opera sua, e mi volle dare ad intendere che senza l’opera del manovale io sarei presto rovinato. Un poco mi convinsi e pensai che davvero aveva mal fatto l’architetto costruendomi in questa maniera, ma poi che il manovale se ne andò mi accorsi che l’opera sua s’era ridotta a dare un poco di calcina alla superficie, sulle scrostature esterne, ma di dentro le mie pietre erano sempre più sconnesse e sempre più lo saranno. Perciò dico che quel manovale mentiva in malafede, ingannando deliberatamente me e quelli che mi guardano e temo che se non interverrà ancora l’architetto questa mia forza pugnace sarà presto un ricordo.
La campana del Duomo battè dodici colpi lenti