Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 05 - 31 gennaio 1914.pdf/3

Da Wikisource.

nale come fatto pel servizio della S. Sede» E mantenne la parola. Infatti fra il 1882 e il 1885 il Galimberti era stato nominato canonico della Basilica di S. Pietro, in Vaticano, prelato della Segreteria Papale, membro della commissione Congregazione dei Vescovi e Regolari e del S. Uffizio. Affidandogli poi la Segreteria degli AA. EE. SS. il Papa’ se lo associava direttamente nella trattazione dei più delicati affari politici e religiosi della Chiesa nel periódo di tempo in cui si maturavano gravi avvenimenti che dovevano o agevolare o seriamente compromettere i suoi rapporti coi vari Stati d’Europa, ma più specialmente colla Germania. Ora, il Galimberti pienamente corrispose alla fiducia in lui riposta, aiutando specialmente il Papà nel conchiudere il modus • vivendi colla Germania. Il Galimberti ebbe una parte principale in quei memorandi negoziati non solo in qualità di. Segretario della Congregazione degli AA. EE. SS. ma anche perchè di fatto egli fu per oltre un anno il vero Segretario di Stato di Leone XIII. Non ne ebbe il titolo, ma ne esercitò le funzioni perchè il Card. Lodovico facobini era in fin di vita e non potesia accudire agli affari della S. Sede. Il Cardinale ’dopo essere rimasto un anno e mezzo fra la vita e la morte, spirava nel mo-. mento in cui venne soppresso il Ku4’urkampf e si ristabilirono buone e normali relazioni fra la Germania e la S. Sede. • v` La conciliaíione che mons. Galimberti propugnava fra la S. Sede e i diversi Stati d’Europa, propugnava altresì per riguardo all’Italia. In ciò egli non faceva che continuare la linea di condotta tracciata dall’antico Segretario di Stato card. Franchi. E quella politica a base conciliativa, nei rapporti più specialmente coll’Italia, trovava validi cooperatori nei membri più cospicui del Sacro Collegio, quali il card. Gaetano Alinionda, arcivescovo di Torino, FranceSco Battaglini,.arcivescovo di Bologna, Gu-. glielmo Sanfelice arcivescovo di Napoli e più tardi negli Em.mi Placido Maria Schiaffino e Alfonso Capecelatro, quest’ultimo arcivescovo • di Capua, nonchè in moltissimi altri Arcivescovi e Vescovi d’Italia. Una siffata politica parve anzi che ottenesse ad un certo punto il suo epilogo in uno dei più grandi avvenimenti del pontificato di Leone XIII. Fu un giorno in cui al grande Pontefice parve propizia l’occasione di esprimere quello che fino allora sì e no aveva dissimulato, il voto o desiderio di una conciliazione coll’Italia. Per, esprimersi in questo senso egli coglieva un’occasione fausta, il Concistoro del 23 maggio 1887. Ed ecco senz’altro le testuali parole con le quali si profferiva: «Piaccia al Cielo che lo zelo’ di pacificazione onde verso tutte le nazioni siamo animati, possa, nel modo che dobbiamo volere, tornar utile all’Italia, a questa Nazione cui Dio con sì stretto legame congiunse il romano Pontificato e che la ’natura stessa raccomanda con particolare affetto al nostro cuore. Noi al certo, come ci avvenne di significare, da lungo tempo e vivamente desideriamo che gli animi di tutti gli italiani giungano ad

35

ottenere sicurezza e tranquillità, e che sia tolto di mezzo finalmente il funesto dissidio col romano Pontificato, ma salve sempre le ragioni della giustizia della Sede Apostolica, le quali vennero offese meno per violenta opera di popolo che per cospirazioni di sette». Vogliamo dire che unica strada alla concordia si è quella condizione, in cui il R. Pontefice non sia soggetto al potere di chicchessia e goda libertà piena e verace come vuole ogni ragione di giustizia». Tutto il mondo sa bene come e perchè i paterni sentimenti del Papa non poterono attuarsi in Italia dove le ragioni della Santa Sede erano state e furono anche dopo, e tuttavia sono, offese «meno che per violenta opera di popolo che per cospirazioni di sètte». L’impero di queste non è nacor tramontato e gl’inviti generosi del Vicario di Cristo non possono esser seguìti dal popolo che pur li seguirebbe con entusiasmo se ne avesse piena nozione ed intera libertà. Gli Studi giuridici La natura del libro e la misura dello stile ch’è una fra le molte doti dell’autore, c’indurrebbero a riprodurlo tutto, come non ci permisero di lasciarne la lettura se non quando fummo giunti all’ultima pagina; ma i limiti di un giornale non sono quelli ’ di un volume, ed è forza rassegnarsi. Intorno alle opere date a stampa dall’illustre estinto il Vistalli scrive: Noi accennammo più sopra anche di talune pubblicazioni del Cavagnis in materia di diritto e specialmente delle Instztutionis Jais. Dobbiamo adesso dire,di,-altra opera egregia da lui pubblicata sotto il titolo: Nozioni di diritto pubblico naturale ed ecclesiastico. a Il fine di quest’opera, la quale usciva nel settembre 1887, è chiaramente indicato dall’autore nella prefazione alla stessa: a Le questioni più vitali del tempo nostro riguardano i rapporti dello Stato colla Chiesa. I migliori scrittori cattolici ed estranei ne hanno trattato di proposito, ed ogni giornale vi entra continuamente ispirato in un senso o nell’altro. E’ necessario ad ognuno avere idee giuste precise per giudicale rettamente dei principi, criteri, sistemi ed opinioni correnti, e per le quotidiane applicazioni di ordine esteriore, pubblico specialmente. Avendo già scritto di questa materia in latino con le approvazioni dei principali periodici scientifici, italiani ed esteri, ne presento ora in breve al laicato cattolico le verità fondamentali col desiderio di tornate di qualche utile perchè l’istessa verità detta in modi diversi più facilmente arriva a molti. Non è nello scopo di questo libro l’esaurire la materia, nè entrare fra le questioni agitate fra gli stessi cattolici, o non ancora concordemente risolte, come neppure il dare tutte le applicazioni che, dai principi stabiliti si potrebbero derivare; si lascia ad ognuno la soddisfazione di farlo all’occasione».

ha meritata ascensione’ L’ingegno, la dottrina, l’integrità di vita e l’incondizionata devozione alla Chiesa ed ài Papa, affret