Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 05 - 31 gennaio 1914.pdf/2

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ligia) tracciando i rapporti che secondo il diritto assoluto• intercederebbero tra le due supreme autorità religiosa e civile e viene quindi a spiegare i conseguenti doveri dei suGligliti. Ma alla società ideale contrappone la Società reale moderna, costituita secondo i principii del diritto nuovo, con tutte le libertà che ne derivano. Espone quale sia il giudizio della Chiesa su quei principii e su quelle libertà, poi egli mette il problema sotto il suo aspetto vero e arduo: a I cattolici costretti a vivere in società, loro malgrado costituite, come dovranno comportarsi?», e risponde: a in teoria devono conformare internamente ed esternamente il loro giudizio circa quelle società al giudizio della Chiesa. Ma in pratica? Che fare? Astenersi totalmente dalla vita pubblica? No, anzi agire. Accettare e favorire vosì come sono le società moderne, portare in esse un salutare risveglio, avversare il male e cercar di trasfondere per tutto lo spirito e la influenza cristiana, trarre dalla libertà che è a tutti concessa partito per il bene». Una sif fatta conclusione pienamente consona al nostro modo di vedere e di pensare non mancava di ardire, se si pensa che venne redatta in un tempo in cui l’isolamento della vita pubblica era la sola preoccupazione dei cattolici specialmente in Italia,

  • lin un tempo in cui la parola d’ordine era quella

soltanto della protesta».

ha politica ecclesiastica II Vistalli scrive:


Anzitutto questo abbiamo potuto assodare, che nessun rapporto ebbe il Cavagnis colla Segreteria di Stato al tempo del Card. Antonelli, come altresì al tempo del Card. Simeoni. Più tardi sotto Leone XIII conobbe per mezzo dell’Agliardi ed ebbe grande ammirazione del Card. Franchi. Ma allora egli era troppo assorbito nelle quesioni di scuola per potersi interessare dí politica. a Più tardi, morto il Card. Franchi, sempre per mezzo dell’Agliardi, entrò in relazione d’amicizia con Mons. Galimberti, professore a Propaganda; e concepì subito di questi la più grande stima, stima che gli ebbe poi sempre anche appresso a conservare. Forse questa stima e ammirazione così grande del Galimberti, in persona d’altronde, come il Cavagnis, poco facile agli antusiasmi, può di riflesso illuminare l’orientamento e l’iniziazione del Cavagnis in materia di politica ecclesiastica. Infatti il Cavagnis non poteva conoscere il programma al quale il Galimberti era stato fra i più assidui e più solerti collaboratori del Card. Franchi, al tempo in cui questi reggeva la Segreteria di Stato, e ne continuava, anche dopo la morte di lui, saviamente la politica. Alla fine del 188r, coll’approvazione del Papa, Mons. Galimberti insieme col conte Conestabile e con un egregio gentiluomo savoiardo, il barone Francesco d’Yvoire fondò il Journal de R.me Doveva essere questo l’organo internazionale della

S. Sede propugnante in fatto d’i politica le idee più moderate. a Disgraziatamente, per una serie di circostanze, che sarebbe fuor di luogo richiamare, il Journal tralignava per colpa di alcuni fanatici fino a non rappresentare più le idee del Papa, ma quelle dei nemici del Papa. Il barone d’Yvoire disgustato si ritirava allora, il Journal cadde completamente in mano dei fanatici i quali chiamarono a Roma il focoso Des Houx. Vista la piega che prendevano le cose, mons. Galimberti accettò la sfida dei violenti, fondò il Moniteur de Rome ad oppose al Journal de Rome una fiera resistenza. a L’obbiettivo del Moniteur de Rome era allora quello di sostenere la politica temperante di Leone XIII, oppugnata dagli intransigenti con a capo il Des Houx. Dalla parte del Moniteur si era subito spiegato l’Agliardi e con lui il Cavagnis. L’uno e l’altro prestarono la loro collaborazione al giornale la cui posizione fin da principio era avanzata contro i reazionari. Ci consta ancora che il Cavagnis si adoprò in tutti i modi per guadagnare l’animo dei suoi amici alla nuova Rivista. Fra quelli che furono accaparrati subito dagli inizi troviamo il bresciano D. Pietro Capretti già collega del Cavagnis nella scuola dell’Apollinare e più tardi professore di Ermeneutica nel Seminario di Brescia e direttore poi di ún nuovo Seminario da lui fondato. Questi à sua volta ottenne a quel periodico l’adesione del prof. Giacinto Gaggia insegnante allora nel Seminario e oggi Vescovo di Brescia. D. Giacirito Gaggia entrò in questo modo in buoni rapporti col Cevagnis e portò al Moniteur il contributo della sua penna valorosa. a Intanto il movimento d’idee che faceva capo al Moniteur trionfava. Mons. Galimberti in parecchie polemiche vinse il Des Houx e giunse perfino a far inserire, per ordine di Leone XIII, contro di lui alcune note di biasimo nell’Osservatore Romano. Venne finalmente un giorno anche la lettera del Card. Pitra all’Abate Carlo Brouwers. direttore dell’Anistelbalde di Amsterdam. Era un documento gravissimo ed audacissimo in cui si criticava apertamente la condotta di Leone XIII. E Leone XIII, al quale il Galimberti scrisse in quell’occasione — abbiamo un antipapa, habemus antipapam — diede al Vescovo di Porto e S. Rufina, mediante una lettera al Card. Guibert, Arcivescovo d’i Parigi, una solenne risposta che ebbe per conseguenza la morte del Journal de Rorne, l’allontanamento del Des Houx la dispersione del nucleo degli intransigenti fanatici. a Poco appresso a questo fatto Mons. Luigi Galimberti fu nominato Segretario della Congregazione degli AA. EE. SS. Non era la prima volta che Leone XIII premiava lo zelo e l’ingegno del distinto • prelato. Nell’affidargli un dì la cura di dirigere il Moniteur de Rome aveva detto al Galimberti: a Considererò quanto farete pel buon andamento del gior