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Drammi liturgici

Non è possibile, è stato detto e ripetuto molte volte, non è possibile che l’arte sacra rifiorisca di fronda vitale e rigogliosa, se non sarà impiantata in terreno liturgico, se non si, vivificherà di succo litiirgico, se non si espanderà in un ambiente saturo d’atmosfera liturgica. Per altra parte il rivivere dello spirito liturgico non sarà mai pieno, se l’anima popolare rinata a una vita schiettamente e intensamente cristiana non si educherà alle esterne manifestazioni genuine e ortodosse del culto cristiano, nel contemplare e nel godere le opere dell’arte cristiana. E’ perciò che noi non ci illudiamo di veder di nuovo creare opere artistiche sacre di gran pregio, se non quando tutta intiera la vita del popolo, la sua vita interna, la vita domestica,’ la vita sociale, la, vita pubblica sia ridiventata profondamente e genuinamente cristiana. Perchè allora soltanto il popolo sarà educato a desiderare, a ’capire, a gustare produzloni veramente sacre e veramente artistiche. Nel Medio Evo questo si vide realizzato mirabilmente: e perciò è questa l’epoca classica, è questo il Periodo d’oro dell’arte cristiana. Ora una cosa. che stupisce chiunque si è occupato di arte medioevale, è il fatto che, mentre essa da una parte ci si palesa come arte essenzialmente popolare,.cioè portata direi quasi spontaneamente dal genio e dal gusto del popolo, e quindi perfettamente intesa e goduta dal Popolo, al tempo stesso ci si manifesta come un’arte profonda, piena di simboli liturgici e di misteri teologici, onde si sarebbe quasi tentati di ritenerla arte escterica e accessibile solo a pochi iniziati. Il certo è che nel Medio Evo l’istruzione religiosa e l’educazione liturgica del popolo era molto avanzata, così che il simbolismo scritturistico, patristico e tradizionale che sta a base della liturgia, non era pel popolo un mistero occulto ma anzi un linguaggio lamigliare e gradito. Ora è evidente che lo studio di tutte le condizioni e di tutti i mezzi per cui si giunse in allora al risultato di spargere fra’ il popolo una cognizione Piena ed esatta della dottrina cristiana, dei suoi simboli, sarà sempre utilissimo, anzi necessario a chi si propone il nobile scopo di risuscitare ai giorni nostri l’educazione artistica e. il gusto cristiano di quelli che possiamo ben chiamare tempi eroici della civiltà cristiana. Ebbene, io credo che uno del mezzi che servirono maggiormente a popolarizzare le idee dogmatiche, i fatti della Scrittura, e i significati delle cerimonie sacre, furono i drammi liturgici. Questo prodotto non meno dell’arte che della pietà cristiana merita una seria attenzione, non solo per l’in. teresse storico che gli spetta, non solo per la curiosità che è facilmente attratta da una forma d’arte così lontana dalle nostre idee e dalle nostre abitudini odierne, ma sopratutto per le suggestioni, gli incitinenti é le direzioni che ne potrà cavane chiunque

si trova impegnato a risolvere praticamente il ntgi facile problema di spargere fra il popolo cristiano la cultura religiosa.

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Bisogna convenire che in molte cerimonie lituriche c’è, e abbastanza spiccato, un certo carattere drammatico, vale a dire riproduttore di un’azione. La funzione stessa che è il centro e l’essenza della cattolica liturgia, la Santa Messa, non è essa, e nelle vesti, e nelle parole e nei movimenti, e fin nei minimi gesti dèl sacerdote, una specie -di drammatizzazione simbolica di quell’augusto sacrificio di cui essa è la mistica rinnovazione? E le commoventi funzioni della Settimana Santa, non ci offrono esse molte parti, che sono delle vere rappresentazioni, talvolta abbastanza drammatiche, dei vari misteri della Passione? Non è drammatico la benedizione del fuoco? E la famosa sequenza pasquale di S. Notkero il tartagliatore, in cui al solenne avviso del coro tien dietro quel dialogo così vivo fra gli Apostoli e la Maddalena (i), e poi conchiude,il coro affermando la sua fede nella resurrezione, e invocando la misericordia del Re vincitore, della morte, non è essa capace, anzi dirò di più, non è essa suggestiva di una interpretazione drammatica? Ora è appunto questo carattere di molte cerimonie, che ha dato luogo a poco a poco sviluppandosi al dramma liturgico, cioè al dramma sacro inserito nella celebrazione della liturgia e facente quasi parte di essa. Non si può determinare l’epoca precisa in cui si cominciarono a rappresentare nelle chiese cristiane delle azioni drammatiche. Certo è difficile poter vedere principi anche remoti del dramma liturgico nel dialogo Talia composto nel quarto secolo da Ario e recitato dai suoi fautori per mettere in ridicolo la persona e la dottrina di Atanasio, e così pure nei dialoghi sul libero arbitrio dell’uomo e sulla risurrezione dei corpi, composto nello stesso secolo dal martire San Metodio, quantunque egli li designi proprio col nome di drammi cristiani. Ma se discendiamo al secolo nono e al decimo, troviamo il dramma liturgico già abbastanza sviluppato. In molti paesi, in Francia specialmente e in Germania, e anche talVelta in certe contrade di lingua slava, si inscrivono in mezzo alle funzioni liturgiche delle piccole scene drammatiche, che avevano per iscopo di far meglio capire e gustare, imprimendolo nell’animo sotto forma viva e sensibile, il mistero occorrente, il suo simbolismo e la sua portata dogmatica e morale. Qualcuno potrebbe essere tentato a vedere un principio, o per lo* meno un germe di queste cauzioni drammatiche nelle antiche sequenze e nei tropi, che appunto erano sviluppi o variazioni poetiche dei versi alleluiatici, gli introiti e dei graduali. E infatti possiamo constatare che il testo dei drammi liturgici era quasi smpre preso in prestito da sequenze e da troppi, specialmente da quelli che, a cagione del loro dialogismo, si prestavano meglio ad una interpretazione drammatica. E così noi’ troviamo, nel Mattutino di