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Quali sono invece le forze della Chiesa romana? Upa novantina di scuole parrocchiali, frequentate da 15.000 ragazzi. Quanto poco per sostenere la lotta sul terreno così disputato dell’insegnamento! Le «Catholic Missions» di New York del gennaio scorso notando queste sproporzioni non sanno in licare altra ragione che quella recata da Gesù Cristo: "La messe è molta ma gli operai sono pochi» e certo col regime attuale di libertà che vige negli Stati Uniti, non se ne può trovare altra davvero; ma in America sanno fare: la storia di quella Chiesa nel decorso dell’ultimo secolo ha del prodigioso, specialmente per ciò che riguarda la espansione; il.cattolicismo, che oggi va conquistando le simpatie e le adesioni anche nelle alte sfere della società, getterà, per riverbero, sprazzi di luce in tutti i canti reconditi degli adepti delle varie sette; l’America — tutto ce lo fa sperare — non permetterà che i Negri «gettati nelle braccia della carità cattolica,» secondo la bella frase di mons. Spalding, finiscano negli artigli dell’eresia. Cosi quelle terre, che furono spettacolo di rinnovata barbarie. cancelleranno l’onta dei secoli con un’opera riparatrice di redenzione. G. B. ’FRAGELLA delle Missioni Estere di Milauo.

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Il fuoco della terra Attualmente la scienza geografica ci fa conoscere più di mille vulcani seminati su la superficie del nostro globo, 323 dei quali attivi, e gli altri spenti, o, per meglio dire, in riposo, giacchè un vulcano mai si estingue; esempio il Vesuvio che gli antichi credevano un monte inoffensivo fino al 79 dell’Era Volgare, ed altri vulcani, negli ultimi tempi, che, ritenutisi per spenti, tornarono focolari ardenti di considerevole attività. Gli Ellenici non conoscevano che due vulcani solamente: lo Stromboli, il fanale dei navigatori che solcano le acque del Tirreno, e l’Etna, che Pindaro appellava una ’colonna in cielo. Fra tutti i vulcani attivi, il più conosciuto, e, diciamo il più popolare, è senza dubbio il Vesuvio: terribile quando si sveglia dai suoi lunghi riposi, simpatico quando si trova in calma. Esso si eleva, maestoso e superbo, ad est dell’incantevole golfo partenopeo, ed è il flagello ed il benefattore insieme delle popolazioni che vivono placidamente all’ombra della sua potenza: benefattore, dico, perchè le sue ceneri sono concimi ottimi per quelle ubertose campagne. La più antica e terribile delle sue eruzioni storiche è stata quella del 79 dopo Cristo, che distrusse Pompei ed Ercolano. Se ne contano in seguito una quantità, fino a quelle esplosive di maggio 1900 e di aprile 1906. Terribile fu anche l’eruzione del 1631, le cui colate di magma lavico arrivarono fino al mare, distruggendo la maggior parte della città di Torre del Greco, e diramandosi

poscia verso la graziosa Portici, ne devastarano la ridente contrada del Granatello. Anche l’Etna, un tempo fu teatro di forti eruzioni: Virgilio nell’Eneide ne fa menzione. La più antica fra le sue eruzioni è quella mentovata da Pindaro e da Eschilo come avvenuta nel regno di Gerone nel secondo anno della 75A Olimpiade. Da otto secoli però, e dopo un riposo di molti e molti secoli, che sotto Nerone faceva stimare il vulcano del tutto estinto, le sue eruzioni sono incominciate con frequenza: e la più celebre pare sia stata quella avvenuta nel 1666, che distrusse quattordici borgate ed altrettanti villaggi. Tanto le eruzioni del Vesuvio che quelle dell’Etna, generalmente, sono precedute da terremoti, i quali man mano vanno aumentando fino a quando l’attività vulcanica non ha prodotto quella tale esplosione, che porta le materie inftiocate liquide fino all’orlo del cratere. Qui cessano i movimenti del suolo: e questo fatto è prova evidente come ci sia una certa connessione tra i terremoti e le eruzioni vulcaniche. Ma i terremoti sogliono avvenire anche in luoghi lontani da qualsiasi vulcano? Verissimo questo: e perciò la scienza, per simil fatto, divide i terremoti in due categorie: terremoti vulcanici, cioè, e terremoti nan vulcanici. Ma la coincidenza, come dinanzi dicevo, può sempre provare come i terremoti siano, in tutti i casi, un effetto della medesima causa che produce le eruzioni. E difatti: ognuno sa che Lisbona fu interamente distrutta da un terremoto nel primo novembre del 1755. Ebbene, nel momento stesso in cui Lisbona rovinava, il Vesuvio cessò di fumare: proprie come se i suoi vapori, che da parecchi giorni si spandevano su Napoli,.si fossero portati subitamente in altra direzione. E quante commozioni grandi del suolo son finite con una eruzione vulcanica Quanti terrem6ti furono avvertiti nei campi Flegrei innanzi che il Monte Nuovo presso Pozzuoli si facesse vivo con la famosa eruzione del 1538! 11 terremoto delle Calabrie del 1783 finì con una grande eruzione dell’Ecla in Islanda, seguita poscia da lunghe eruzioni vesuviane. Il celebre terremoto di gilelfi in Basilicata dell’agosto 1851 fu seguito dall’eruzione deil’Etna del 1852. 11 terremoto di Basilicata del dicembre del 1857 finì con una lunga eruzione del Vesuvio del 1858. E che dire del terremoto di San Nicandro presso il Monte Gargano che cessato mentre sembrava diventare minaccioso viene l’eruzione dell’Etna del dicembre 1864? E non la finirei tra i fenomeni sismici e vulcanici, e fra questi e i sismici: nè con ciò io intendo menomamente intaccare le opinioni che oggi, coi progressi della geologia, si vanno formando intorno alle origini delle eruzioni e alle indagini de’ terremoti. Dico solo, per non dipartirmi dai giudizi di sommi dotti in materia, che la •sede delle forze endogene è situata ad una profondità immensa, e che tali forze agiscono attraverso fenditure che mettono in comunicazione punti del globo distantissimi fra loro. E che possiamo dire intorno alla causa prima delle eruzioni e de’ terremoti? Aggirandoci sempre nel camPo delle ipotesi, possiamo ritenere come le acque del mare, penetrate per cavità sotterranee o a traverso le rocce