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il buon cuore 343

Un grande rimpianto in questo Natale Ci credono loro, lettori miei, all’anima delle cose?.... Io sì, ecco! Come definirla quest’anima non saprei davvero, e meno che mai saprei fare una dissertazione metafisica intorno ad essa, per indurre il mio più o meno riverito prossimo che non ci crede, a persuadersi che c’è, e che è in corrispondenza continua con l’anime umane, con quelle, ben inteso, che sono capaci di comprendere quanto di bello, di buono, di caro, e di grande, talvolta, viene da animucce inferiori. Che cosa possono mai capirne certe anime, tutte dedite alla politica, all’affarismo, ai piaceri, a tutte le grandi o ’piccole vanità della vita? É neppure, credo. ci arrivano certe anime che si abbandonano a severe speculazioni scientifiche, s’immergono nello studio di grandi problemi sociali

afferrano esse, sciolgono talora le grandi questioni, ma sfuggono a certe sottili, delicate comprensioni. Ci vogliono delle anime sognatrici, pensose, le quali si appassionano per un filo d’erba che trema, per un fiorellino che langue, per un rivoletto che canta piano piano la sua tenue canzone, per una cappellina solitaria tra i monti, con le sue mura scretolate, con qualche ramoscello d’edera che s’inerpica e sale.... Oh quali piccple storie allora si ascoltano nell’intimi) nostro! quali dolci o tristi espansioni si accolgono allóra in noi, quasi da cuore amico a cuore amico! Certo qualche cosa, un fluido forse sottile, etereo vagola nello spazio, e dove trova omogeneità scende, ci prende, ci avvolge, e ci si rivela con una squisitezza di ’sensazioni che, anche quando c’inclinano a tristezza, hanno un fascino incomparabile.

Ecco perchè ora io sono tutto preso da queste misteriose Voci di rimpianto, che mi vengono da lontano lontano... E ciò che esse mi dicono lamentevolmente, dolorosamente, lo racconto qui alle semplici anime che sanno comprenderle. Non c’è nulla qui per la gente frivola; nulla per i grandi pensatori, e neppure per il mondo degli intellettuali, a cui appartengono, o credono di appartenere, tanti signori e tante signore. Anime fantasiose di poeti, serene anime di artisti, care piccole anime buone, povere anime visionarie, così calunniate spesso,’ io parlo per voi. Sentite! In questi giorni del Natale vicino, quando le campane, squillando alto e gioconde tra ncii, chiamano alla Novena, e va per l’aria il grande annunzio del Natale che viene, ho sentito nei cuore angosciati lamenti, disperati rimpianti e invocazioni, supplicazioni, preghiere!... Donde partono essi? Ah l’ho sentito! Partono dalle belle città bombardate di Francia e dell’eroico Belgio. Sono di magnifiche cattedrali rovinate, di belle chiese distrutte, di povere umili chiesette di villaggi squarciate dagli obici, abbattute dalla mitraglia; sono di millenarie torri campanarie su le quali passò il tremendo uragano di guerra, già superbe manifestazioni del genio e della pietà un-lana, e divenute ora testimonianza spaventosa della umana ferocia e barbarie. Sono voci di piccole campane atterrate e spez.:ate, giacenti tra le macerie dei loro campaniletti rusticani da cui dominavano tutto il villaggio raccolto al loro piede; sono le storiche, monumentali campane di Lovanio, di Malines, di Liegi, di, BruXelles, che gemono, piangono, o già cadute o ancora erette su in alto, ma che, ad ogni modo, non potranno mandare i loro doppi solenni e gioiosi in questo desolato Natale dei paesi loro.

Sono le maestose, gloriose campane della Cattedrale di Reims, che giacciono travolte in mezzo alle macerie della superba loro torre, da cui, come da un meraviglioso troni di pietra, fiorito di colonnini, di guglie, rabescato di volute, ricamato a trafori, regnavano da sovrane su la storica città. Gemono e spasimano le campane della Cattedrale di Reims per non potere, quest’anno, mandare nell’aria, i loro squillanti inni di gioia per il satro Natale. E ricordano, ricordano... E, tra loro, le desolate campane, giù in mezzo ai rottami, si raccontano la festività del Natale attraverso. tanti secoli, quando turbe infinite, al loro appello, accorrevano alla Cattedrale su le cui rovine ora piange tutto il mondo civile, e sotto le gotiche arcuate volte cantavano: Gloria g Dio negli eccelsi. e pace in Terra agli uomini di buona volontà! Oh che grandiosità, che bellezza! oh che festa allora! E adesso?... Ahimè, anche per le campane di Reims, come per gli uomini, va bene il grido desolato del Divino Poeta,....«nessun maggior dolore, che ricordarsi del tempo felice nella miseria.»