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Pagina:Il buon cuore - Anno XIV, n. 43 - 23 ottobre 1915.pdf/3

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IL BUON CUORE


Nel settembre 1908 fu appesa in mezzo al sepolcro la lampada, donata dalla società Dantesca, insieme all’ampolla donata da Trieste. Nella stessa circostanza venne inaugurata iella Biblioteca Classense la Sala Dantesca, composta di una cospicua raccolta di Opere riguardanti Dante. Questa raccolta fu acquistata dal libraio Olschki di Firenze con offerte appositamente raccolte allora e con quelle raccolte anni prima per il progettato Mausoleo di Dante, fra le quali figurava la.generosa offerta di lire diecimila, elargita dal Pontefice Leone XIII. Ravenna ha sempre gelosamente custodite e conservate le ossa del Divino Poeta. Dallo stesso secolo in cui morì sino all’anno 1865; Firenze ha chiesto più volte le preziose ossa: e tra i nomi dei richiedenti si incontra quello di Michelangelo, nella domanda fatta nel 1519 dall’Accademia Medicea al Pontefice fiorentino Leone X. Questo Pontefice concesse di fatti il trasporto dei resti di Dante. Ma i Fiorentini venuti a Ravenna e aperta l’urna: non vi trovarono se non qualche foglia di alloro P qualche falange che trascurarono; s’accorsero però che le ossa erano state trafugate. I Frati Francescani le avevano sottratte e occultate nel loro monastero! Lo storico trafugamento è ricostruito nel mirabile racconto di Corrado Ricci nel «L’ultimo rifugio di Dante Alighieri». I frati forarono il muro del chiostro laddove all’opposto lato aderiva l’arca lapidea, e spintovi dentro un cero ardente raccolsero i resti mortali di Dante. La presenza dei resti contesi dovette destare sul labbro dei frati la preghiera dei morti, che mormorò sommessa fra gli archi, al lume delle torcie: poi tutto ricadde nel silenzio. A Ravenna erano per sempre conservate le ossa di Dante Alighieri! Esse rimasero dentro al monastero in gelosa custodia dei fraticelli, che s’le trasmisero, facendone ad intervalli la ricognizione. Una di queste fu fatta nel 1677 dal P. Antonio Santi, il quale mise le ossa entro una nuova cassetta di legno, nel cui interno scrisse: Dantis ossa - denuper revisa die 3 Junii 1677; e più tardi sopra al coperchio della medesima: Dantis ossa - a me Fre Antonio Santi - hic posita - Anno 1677 dic 18 octobris. Quella cassetta fu qua e là nascosta fino al 1810, quando i frati dovettero, per la soppressione, abbandonare (forse, speravano, momentaneamente) il loro convento. Si andò in appresso ripetendo che in Braccioforte si trovava un gran tesoro. E, difatti durante restauro fatto nel 1865 -- anno centenario della nascita di Dante — alla Cappella di Braccioforte, in una porta murata, di cui si conserva parte dentro un rivestimento marmoreo, si rinvenne la cassetta del Santi contenente le ossa di Dante.. Il convento Francescano, che oggi accoglie le Suore Tavelle, esercita tuttora una misteriosa attrattiva, anche perchè quivi, ha scritto Corrado Ricci, un tormentoso dubbio insinua nascoste ancora le carte del Poeta. Non senza commozione si visita il famoso

chiostro, nella cui parete ad ovest si veggono le traccie del pertugio praticato dai frati per levare le ossa di Dante dal suo sepolcro: sopra vi è murata questa iscrizione: Traccie del pertugio — Onde nell’esordio del sec. XVI — i Francescani — Trassero dal Sepolcro — Allora aderente all’opposta parete — Le ossa di Dante — Salvandole così a Ravenna». GIOVANNI MESINI.


Religione


Domenica prima dopo la dedicazione

Testo del Vangelo.

Disse il Signore Gesù ai suoi discepoli: «Il regno de’ cieli assomiglia ad un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi; e avendo principiato a rivedere le partite, gli fu presentato uno che gli andava debitore di diecimila talenti. E non avendo costui il modo di pagare, comandò il padrone che fosse venduto lui e sua moglie, e i figlioli, e quanto aveva, e si saldasse il debito. Ma il servo prostrandosegli a’ piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e ti soddisferò interamente. Mosso il padrone a pietà di quel servo, lo lasciò in libertà e gli condonò il debito. Ma partito di lì il servo, trovò uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari; e presolo per la gola lo strozzava dicendo: Pagomi quello che devi. E il conservo, prostrato a’ suoi piedi lo supplicava dicendo: Abbi meco pazienza, e io ti soddisferò intieramente. Ma quegli non volle, e andò a farlo mettere in prigione, fino a tanto che l’avesse soddisfatto. Ma avendo gli altri conservi veduto tal fatto, grandemente se ne rattristarono; e andarono e riferirono a! padrone tutto quello che era avvenuto. Allora il padrona lo chiamò a sè e gli disse: servo iniquo, io ti ho condonato tutto quel debito, perchè ti sei a me raccomandato: Non dovevi adunque anche tu aver pietà d’un tuo servo, come io ho avuto pietà di te? E sdegnato il padrone, lo diede in mano de’ carnefici, fino a tanto che avesse pagato tutto il suo debito. Nella stessa guisa farà con voi il mio Padre celeste, se ciascheduno di voi non perdonerà di cuore al proprio fratello.» S. GIOVANNI ’:ap ( o).

Pensieri. Che brutto vizio è la durezza di cuore nel non perdonare le offese altrui, specialmente se chi la usa verso gli altri fu egli stesso prima perdonato e beneficato da Dio! E’ questa la importante verità, ricordataci dall’odierno Valgelo.

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Il regno de’ cieli, dice Cristo a’ suoi discepoli, è simile a un re, il quale volle fare i conti co’ suoi servi. Questo re è Dio, i servi siamo noi. Non è fissato il giorno nel quale Dio ci chiamerà dinanzi a lui, per