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IL BUON CUORE 347


Vediamo ora come quest’uomo così grande, parli di sè. I Giudei mandarono da Gerusalemme i sacerdoti e i leviti a Giovanni per domandargli: Chi sei tu? In questa domanda era implicita l’altra: Sei tu il Cristo? L’ambasciata è solenne, l’argomento è il più importante, non solo di quell’epoca, ma di tutte le epoche. Quale tentazione in Giovanni di dare risalto alla sua persona, nella sua qualità di precursore? Risponde; ei confessò, e non negò; e confessò: non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che dunque? Sei tu Elia? San Giovanni avrebbe potuto rispondere affermativamente: Gesù Cristo lo aveva già salutato con questo nome; anzi aveva detto che Giovanni era Elia, e più di Elia per la missione: i Giudei avrebbero potuto confondere la missione colla persona, e credere che Giovanni fosse veramente Elia. E’ un equivoco che, sebbene in proprio onore, Giovanni non può permettere. Risponde subito: Nol sono. E i sacerdoti: Sei tu profeta? Giovanni avrebbe qui potuto rispondere con verità: sì, sono profeta, anzi più che profeta. Avrebbe ripetuto la parola stessa di Cristo a suo riguardo: e pure ancor risponde: No. Così egli ci insegna che il primo carattere dell’umiltà è il rifiutare risolutamente gli onori immeritati, e declinare quelli che ci potessero convenire. E noi invece, dice un pio oratore, non abbiamo mai la forza di respingere onori e lodi che non ci competono, e ce ne pascoliamo con gran compiacenza del nostro amor proprio. Anzi, andiamo più avanti, e li desideriamo quegli onori, li bramiamo con grande avidità, quantunque siamo persuasi di non meritarli. E non contenti di bramarli, ne stiamo sempre sull’intento, e facciamo di tutto per averli, anche quando nessuno pensa a darceli. Che se questi onori e queste lodi ci possono in qualche modo convenire, allora li richiediamo risolutamente, e guai se alcuno ce li nega. In questo proposito sono celebri le frasi colle quali alcuni cercano di coonestare, sotto le esigenze della giustizia. Le pretese dell’ambizione; non è per me che chiedo; è per non pregiudicare l’avvenire;.è. per non compromettere i diritti dei miei successori.

Chi sei tu dunque, insistettero i sacerdoti, affinchè possiamo dare risposta a chi ci ha mandato? Quante cose in tal punto Giovanni poteva rispondere di sè! Eppure egli si limita a dichiarare: io sono la voce di colui che grida nel deserto: raddrizzate la via al Signore. Non tace la sua reale missione; tacendola non avrebbe reso testimonianza alla verità; ma pur confessandola, usa le frasi ’più modeste, dice il meno -ossibile. Giovanni ci insegna qui un altro carattere dell’umiltà, che è di parlar poco di sè, e di sentire di sè bassamente. Quanto diverso è il nostro contegno molte volte! Noi parliamo di noi il più che possia

mo, delle nostre cose, delle nostre opere, parliamo di quello che abbiam detto, di quello che abbiam fatto, di quello che abbiamo pensato. E instituiamo dei paragoni cogli altri per far risaltare che noi abbiamo pensato meglio, che abbiamo veduto meglio, che abbiamo operato meglio degli altri, per concludere che noi siamo più virtuosi, più temperanti, più pazienti, più lontani dal peccato, più buoni, insomma, più bravi degli altri. Abbiamo già di noi un grande concetto, idolatriamo quasi noi stessi, credendoci superiori a tutti, e vogliamo che gli altri abbiano di noi una stima, che è assai superiore al merito, e guai a chi non ci rispetta, a chi non ci tratta coi guanti! Una piccola mancanza di riguardo la si lega al dito, e si è capaci,, pel risentimento che se ne prova, di rompere un’amicizia, di far delle scenate, di ostentare indifferenze, di recare odi, che si prolungano indefinitamente. E si cerca di coonestare queste piccolezze d’animo col pretesto della dignità, della giustizia, del non lasciarsi sopraffare, del rendere gli onori a chi si deve, col dare una meritata lezione di educazione e di buona creanza.

Andiamo innanzi. I mandati a Giovanni, udito che egli non è Elia, nè un profeta, pare che si adontino, e con piglio evidente di arroganza e quasi di rimprovero, gli dicono: Perchè dunque battezzi tu, se tu non sei nè Cristo, nè Elia, nè un profeta? Quasi dicessero: tu sei un usurpatore di un’autorità che non hai: nessuno ha mai battezzato, e tu battezzi: tu sei un inganna popoli... Giovanni rispose modestamente: è vero, io battezzo, ma il mio battesimo è semplicemente di acqua; il mio battesimo è semplicemente di penitenza, per preparare gli animi alla remissione dei peccati. Qui Giovanni ci insegna un altro carattere dell’umiltà, che è di non adirarsi quando altri ci tratta con arroganza, e di dare a cattive domande buone risposte. Ma quanto diverso è il nostro contegno n molte circostanze! Fate che alcuno ci dica qualche parola offensiva, ci rivolga qualche rimprovero, qualche termine un po’ ingiurioso, o che censuri o condanni ciò che facciamo, o che ci rinfacci una condotta che non sia la più corretta; eccoci subito a ribattere le parole offensive con parole offensive, i rimproveri con rimproveri, le ingiurie colte;ngium; è ben raro che sopportiamo rassegnatamente censura che ci venga fatta del nostro prossimo, Ma quel rimprovero, si grida, non lo meritiamo, ci vien fatto a torto. Anche a Giovanni venne fatto rimprovero a torto, e non si adirò. Ma sono stato toccato sul mio punto più vivo; è il punto dell’onore, della sincerità... E Giovanni non fu toccato precisamente sul punto più delicato, quale era l’esercizio di un ministero il più grande, il più santo?... E Giovanni chiarì l’equivoco, ma rispose con dolcezza... Ma non è tanto la cosa che mi ha indignato; è il