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IL BUON CUORE 362


LA VITTORIA DEL BENE

«Oh nostalgia, Gesù del Tuo Natale! Quante notti a sentir l’hanno coloro Che sono in veglia d’armi aspra e ferale!». ( «La Vittoria del Bene» - Romito di Monte Vibiano ). (*)

Dacchè mondo à. mondo, il bene e il male son sempre stati in urto fra di loro. L’angelo della luce, ha sempre dovuto cozzare le bianche ali purissime contro le ali nere e vischiose dell’angelo delle tenebre! Non sempre ne uscì vittorioso; lo spirito malefico che agisce nell’ombra, che sa tutte le insidie, che,uazza fra le più sordide bassure, non è mai sazio di scavare rovine, di seminare l’odio e la discordia fra le razze umane... Odio millenario, che sorge tratto tratto, cruento e micidiale: rancore sordo ed inafferrabile, rivelantesi nei tempi di pace insidiosamente, nascostamente, sotto mille forme perverse e cupide, imperando sui fragili spiriti umani, trascinandoli al male, all’ignominia, alla perdita di ogni fede e di ogri ideale.... Ma l’angelo del Bene veglia e se talvolta sembra vinto ed umiliato, sempre alfine risorge portanto più alta la fiaccola della verità e della luce. Egli lavora, lavora: ricostruisce sulle rovine, fa crescere e sbocciare dal lezzo dei letamai dei fiori smaglianti ed odorosi: fa sorgere santi ed eroi fra la moltitudine traviata e perversa; fa nascere l’amore accanto all’odio, la pietà accanto alla ferocia, la lealtà di fronte all’inganno vile e traditore. L’odio di razza è, pur troppo, fra i più tremendi e i più difficili a svellersi: troppo antiche le cause, troppi i fattori che lo fomentano e lo mantengono vivo. Ne abbiamo l’esempio tragico ed epico nella spaventosa guerra odierna che fa rosseggiare i monti ed i piani di tanto generoso sangue innocente; vera guerra mondiale, immane conflitto di razze e di mentalità opposte, rivelanti chiaramente finalità estremamente diverse, di conquiste, di feroce predominio nella razza teutonica, di difesa leale e civile nella razza latina! Ancora e sempre, il Bene ed il Male cozzanti fra di loro, nell’urto millenario, feroce, spaventoso, senza quartiere A chi la vittoria? Noi latini, combattenti per la più aspra e la più nobile causa di difesa e di conquista di naturali confini, per l’amor di fratelli oppressi, per la fraternità di popoli vinti ed eroici, potremmo forse dubitare? Chiediamolo al. Cielo: «Di tante guerre immani, chi vincerà nell’urto intenso, e rio» Risponde il Ciel: Chi con più diritti umani domanderà la sua vittoria a Dio!». Mai prima d’ora però, erasi consumato un sacrificio più cruento e sanguinoso sull’ara della patria; mai era occorsa tanta bravura e tanta tenace resistenza, mai sprezzo più grande e sublime della propria vita! I nostri prodi d’oggi, i nostri figli, diverranno i

martiri venerati della terza Italia, segnacoli di nuove glorie e di immortali vittorie. Essi staranno là, nella limpida luce della gloria italica, come fari tulgenti, come lampade votive intorno all’altare della patria. Le età venture udranno commosse il racconto della vittoria latina, della vittoria del bene contro il male: esse ascolteranno trepide e stupite la storia eroica dei nuovi e giusti confini rivendicati; le barbarie sofferte; gli odiosi mezzi di combattimento, le difficoltà enormi vinte e che parevano inespugnabili. E da questa somma di sacrifici e di lagrime trarranno incitamento e sprone alla virtù ed all’onore. Ma ecco ciò che fa d’uopo preparare fin d’ora: Le madri, le sorelle, gli educatori devono sentire la divina missione che loro incombe di far germogliare accanto al fiore della gratitudine, il seme divino della bontà, della purezza e della fede. Quando l’Italia uscirà, e Dio lo voglia presto, vincitrice da questa ora tremenda, bisogna che i suoi figli ne escano purificati e migliori; bisogna che costumi più puri subentrino a fatali errori; che l’onestà rifulga colla verità e colla luce, e che in ogni anima si sia riaccesa la fiamma viva e santa di una virile e cosciente religiosità spirituale. Allora potremo cantare come il Romito di Monte Vibiano, nei suoi splendidi versi (la «Vittoria del Bene»). Vittoria dovuta non solo al valore delle armi, ma alla guerra fatta al male, guerra senza quartiere a quanto di vile e di immondo ammorba le nostre vite. «Oh Italia, arrida Iddio a la tua pace, per la fiamma lenta e pe ’l vivo olocausto del cuor mio! Di patria e fè sull’ara non si allenta l’ostia e la prece: Mille e mille cuori ardon col mio: mentre a pugnar s’avventa su l’Alpe, anche nel gelo infra i rigori. dei Romani la stirpe gloriosa, ed è fiamma la Croce ai patrii ardori. -Già l’alba ai cuor s’irradia luminosa. si consacra la coppa del valore,. sopra l’ara di sangue rugiadosa. O cuore delle madri, o dolce cuore, il calice sii tu de l’olocausto che l’arsura converta del dolore di gloria e pace in un preludio fausto!»,

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«Ascolta, ascolta o terra, il divin nunzio che rivien dal cielo!» Tornino i cuori alla luce, alla fede! Il Fanciullo Divino è venuto sulla terra apportatore di pace. Egli ci ha insegnato l’amore, ci ha ingiunto di chiamarci fratelli; insegnò nelle reggie e nei tuguri la carità fraterna, la dolcezza, il perdono. Lo compresero e lo adorarono gli umili e i potenti: npn sapremo forse più comprenderlo ed adorarlo noi, gente moderna? Scorderemo anche per un istante che Dio solo sa trarre la pace dalla guerra, e la vita dalla morte? No, in alto l’anima e i cuori: sappiamo essere forti,